Nel confronto tra “addetti ai lavori”, commentando la cronaca, spesso si rimane stupiti, e Roberto Cavallo spesso ricorda la letteratura romantica, in particolare il passo di Goethe, che il 27 Maggio 1787 nel suo racconto del “Viaggio in Italia” giunto a Napoli scrive:
“Moltissimi sono coloro – parte di mezza età, parte ancora ragazzi e per lo più vestiti poveramente – che trovano lavoro trasportando le immondizie fuori città a dorso d’asino. Tutta la campagna che circonda Napoli è un solo giardino d’ortaggi, ed è un godimento vedere le quantità incredibili di legumi che affluiscono nei giorni di mercato, e come gli uomini si dian da fare a riportare subito nei campi l’eccedenza respinta dai cuochi, accelerando in tal modo il circolo produttivo. Lo spettacoloso consumo di verdura fa si che gran parte dei rifiuti cittadini consista di torsoli e foglie di cavolfiori, broccoli, carciofi, verze, insalate e aglio, e sono rifiuti straordinariamente ricercati. I due grossi canestri flessibili che gli asini portano appesi al dorso vengono non solo inzeppati fino all’orlo, ma su ciascuno d’essi viene eretto con perizia un cumulo imponente. Nessun orto può fare a meno dell’asino. Per tutto il giorno un servo, un garzone, a volte il padrone stesso vanno e vengono senza tregua dalla città, che ad ogni ora costituisce una miniera preziosa. E con quanta cura raccattano lo sterco di cavalli e di muli! A malincuore abbandonano le strade quando si fa buio, e i ricchi che a mezzanotte escono dall’Opera certo non pensano che già prima dello spuntar dell’alba qualcuno si metterà a inseguire diligentemente le tracce dei loro cavalli.
A quanto m’hanno assicurato, se due o tre di questi uomini, di comune accordo, comprano un asino e affittano da un medio possidente un palmo di terra in cui piantar cavoli, in breve tempo, lavorando sodo in questo clima propizio dove la vegetazione cresce inarrestabile, riescono a sviluppare considerevolmente la loro attività.”
Le cose sono certamente cambiate nei secoli, molti materiali che finiscono nei rifiuti sono una mescola di materiali che a volte nemmeno il più attento dei cittadini riesce a separare correttamente. Ma una cosa non è certamente cambiata nei secoli e sono gli scarti dei nostri piatti o dei nostri giardini.
La frazione organica costituisce una parte dei rifiuti che produciamo. Essa è composta sia da scarti alimentari delle nostre cucine, sia da scarti derivati dalla cura dei nostri giardini. Nel cambiamento delle nostre abitudini e dell’organizzazione sociale questi materiali sono diventati “rifiuti”. Essi in realtà costituiscono un valore, poiché possono divenire una ricchezza che per i nostri terreni di approvvigionamento di sostanza organica. Come testimonia in modo evocativo il passo storico appena citato.
Questo aspetto è ben evidente se si pensa a cosa sia il suolo: pochi centimetri di un “composto” che rendono possibile la germinazione, l’accrescimento, e la riproduzione della flora. Il suolo non è roccia, non è acqua, non è un unico essere vivente, come lo intendiamo normalmente. È una combinazione di strato mineralizzato e sostanza organica che rende possibile la vita di migliaia di specie viventi, molte delle quali non ancora conosciute. Tra l’altro la componente che rende il suolo tale (l’humus) è una sostanza di cui ad oggi i pedologi non sanno ancora definire la precisa combinazione, tale è la sua complessità. Sappiamo certamente che un suolo non è tale, e quindi non è in grado di consentire la vita di alcuna pianta (e quindi di nessun ecosistema, neanche il sistema “giardino”) se privo di sostanza organica. Non riusciremmo, infatti, a coltivare la roccia, o un substrato solo mineralizzato; abbiamo bisogno che lo strato minerale si combini agli scarti degli organismi viventi, per costituire un eco-sistema complesso su cui poter coltivare il nostro orto, il nostro giardino o qualunque altra coltivazione. Da qui nasce il vero valore dei nostri scarti. Essi, in modo un po’ enfatico ma sicuramente non errato, possono essere definiti: “l’origine su cui si sviluppa la vita”: a qualunque quota siano prodotti.
In Valle d’Aosta, grazie al mantenimento delle tradizionali produzioni legate al territorio ed alla sensibilizzazione negli anni su questi temi, i quantitativi di questi rifiuti inutilizzati, e quindi ancora presenti nel rifiuto indifferenziato, sono minori rispetto alle medie nazionali. Si tratta, comunque, di valori significativi e con buoni margini di recupero. Secondo i dati riportati dall’osservatorio sui rifiuti valdostani sono di circa 8.000 t/anno tra rifiuti verdi e scarti organici.
Oltre a questi quantitativi indicati è necessario riflettere anche sulle 9.000 t/a di sfalci e potature raccolte a domicilio o nei centri di conferimento. Una corretta gestione del rifiuto ha sicuramente come obiettivo che questi non siano conferiti in discarica o comunque a smaltimento. L’obiettivo prioritario, però, dovrebbe essere la mancata produzione del rifiuto stesso. Questa variazione di prospettiva comporterebbe grandi vantaggi per la collettività perché consentirebbe l’autogestione di uno scarto e l’immediata valorizzazione del prodotto della sua trasformazione (il compost) sul posto, per poter ottenere un ammendante lì dove è necessario.
I sub-ATO valdostani a questo scopo, in ottemperanza alle norme regionali, hanno intensificato l’attività di sensibilizzazione su questo tema, promuovendo campagne di sensibilizzazione e distribuzione di compostiere. Talune hanno legato la consegna della compostiera ad attività di formazione specifica, in altri casi la distribuzione è stata legata alla consegna di manuali informativi. Le comunità montane hanno consegnato oltre 4.000 compostiere dal 2007 ad oggi. La comunità montana Grand Paradis, ad esempio, ha svolto attività di controllo e monitoraggio sull’uso di un bene consegnato in modo gratuito, e l’esito è stato del tutto positivo.
La Comunità Montana Monte Cervino ha verificato la capacità di ampliamento del numero di utenti coinvolti dalla pratica, grazie alle campagne informative organizzate in collaborazione con l’azienda di raccolta. È emerso che oltre il 60% degli intervenuti non aveva mai praticato il compostaggio domestico. Della restante parte molti non compostavano tutti gli scarti possibili a causa di dubbi e diffidenze. Ragionevolmente, quindi, possiamo presumere che, grazie all’attività di formazione, ci sia stato un ampliamento dello scarto intercettato.
L’adozione della pratica del compostaggio domestico è un cambiamento nello stile di vita per i nuclei famigliari; l’adozione di questa pratica riguarda quindi cosa essi ritengono fattibile, conveniente e piacevole realizzare nel tempo privato. Per questo motivo i risultati si ottengono solo con politiche di continuità e procedendo, anche in questo caso, come procede la natura: realizzando con persistenza azioni promozionali, costanza nei richiami, solleciti e sensibilizzazioni, rafforzamento e persuasione, coerenza delle politiche economiche (come previsto dalla norma regionale).
Perciò il programma triennale di riduzione dei rifiuti prevede una campagna annuale interamente dedicata al compostaggio domestico.
È noto come i comportamenti dei cittadini siano originati da una serie articolata di motivazioni di carattere culturale, sociale, economico. Nel caso della promozione del compostaggio domestico, in cui queste tre variabili agiscono contemporaneamente, la leva su cui sensibilizzare i target coinvolti è essenzialmente la necessità di preservare l’ambiente.
Per raggiungere, infatti, il prioritario obiettivo di attivare un reale e concreto cambiamento nei comportamenti di ciascuna famiglia o cittadino nella gestione del proprio rifiuto organico, non è sufficiente trasferire conoscenze tecniche finalizzate all’ottenimento di un buon prodotto finito, elemento comunque essenziale, ma ragionare e diffondere innanzitutto quelle che sono le leve motivanti che portano a scegliere di praticare il compostaggio domestico.
Una delle scelte strategiche alla base della campagna è la valorizzazione delle iniziative regionali, condotte dai sub-ATO e da ARPA VdA. Con quest’ultima in particolare si è scelto di collaborare sullo studio biennale sul compostaggio domestico. Oggetto dello studio sono la qualità del compost domestico producibile dalle famiglie ed i tempi di maturazione nelle diverse zone climatiche delle nostre valli, in base a 20 siti, disposti sia nella valle centrale che nelle vallate laterali.
In conseguenza ad un approccio così connotato, gli obiettivi principali della campagna regionale si diramano essenzialmente verso l’approccio di due target principali: i “già compostatori” ed i “futuri compostatori”.
Per questi motivi abbiamo voluto, in primo luogo, valorizzare le esperienze acquisite, fidelizzando chi già pratica compostaggio presso la propria abitazione. Non dimentichiamo, infatti, che smaltire in proprio gli scarti dell’orto o del giardino attraverso la buca o il cumulo è una pratica tradizionale molto diffusa soprattutto in Regioni e contesti rurali o montani come il nostro. Tale patrimonio, che può essere a tutti gli effetti definito “culturale”, permette di puntare sull’elemento imitazione per coloro che si avvicinano per la prima volta al compostaggio domestico, in modo che questa pratica assuma sempre più connotati di “normalità” e non di eccezionalità.
L’identificazione della campagna e delle sue iniziative è strettamente connessa alla diffusione di un’immagine coordinata, il “format”. La scelta di rifarsi al titolo di un famoso film ha l’obiettivo di favorire l’immediata memorizzazione e rendere gli oggetti protagonisti della propria sequenza, del proprio percorso, della propria storia. Il percorso temporale (ieri ero, oggi sono, domani sarò) è connesso in maniera imprescindibile all’emotività di ciascuno identificando, infatti, tre significati sintetici, semplici e immediati che si nutrono di un significato complesso, emotivo e motivante. La “storia di riduzione”, è quindi dedicata al compostaggio, ha come protagonista della scena una compostiera, il mezzo attraverso cui avviene l’intero processo. Tale format grafico è utilizzato per la creazione di materiali informativi classicamente intesi come veicolo di diffusione delle informazioni (ad esempio manifesti, locandine, pieghevoli, opuscoli) ma è anche il leitmotiv di tutte le iniziative correlate. L’intera azione comunicativa è legata ad una modalità multicanale che spazia dall’utilizzo dei nuovi media o social network come “Facebook” (con pagina dedicata all’intero programma) alla valorizzazione della tradizione orale e del passaggio di competenze fra generazioni diverse, ad esempio con la serata simposio “Io composto.. e tu?” , un momento sul compostaggio domestico tenutosi a Saint-Marcel in cui, fra i “relatori” vi sono stati cittadini compostatori a confronto. Le stesse famiglie sono protagoniste di una produzione audiovisiva “per i compostatori” costruita “con i compostatori” che è stata presentata ufficialmente nel corso della serata.
Il 26 novembre, infine, è stata organizzata la Giornata Regionale del Compostaggio con la realizzazione di una competizione/concorso ”Il miglior compost dell’anno”, aperto a tutti i compostatori valdostani.
A completamento di tutte le iniziative, la campagna presenta anche un’azione specifica per le scuole con alcuni laboratori didattici sul compostaggio itineranti fra i vari plessi ed un’iniziativa a respiro internazionale, ovvero un convegno intitolato “La gestione dei rifiuti organici in aree montane - Il compostaggio locale, il miglior equilibrio economico ed ecologico”.
La sinergia tra gli strumenti promozionali della campagna, gli eventi, lo studio di ARPA ed il relativo filmato, le pagine pubblicitarie sui giornali, e tutti gli altri strumenti proposti hanno lo scopo di realizzare un volano che amplifichi la diffusione di una buona pratica, per renderla una piacevole ed utile abitudine per un numero sempre maggiore di famiglie valdostane.