IL MATERIALE INORGANICO
Bisogna pensare allo smaltimento dei rifiuti come all'inizio di un nuovo ciclo di vita dei materiali.
RIFIUTI O RISORSE?
di Raffaele Rocco
Rifiuti di tipo diverso abbandonati presso un cantiere.Esistono diverse discipline scientifiche che, sotto vari aspetti, si occupano di studiare l'evoluzione della crosta terrestre, individuando le forze naturali che ne governano le trasformazioni.
A seguito dell'azione di queste forze nei tempi passati i continenti hanno mutato la loro forma e la loro posizione, catene montagnose sono nate e sono scomparse, valli impervie sono divenute dolci pianure e lande piatte massicci montuosi inaccessibili.
Alle forze naturali bisogna aggiungere in tempi recenti anche l'uomo che non erge più colline o scava anfiteatri per scopi liturgici, ma più semplicemente per "sistemare" terre, pietre, detriti.
Quello che un tempo le acque di un fiume impetuoso o il vento trasportavano in altri luoghi, cambiandone lentamente le caratteristiche, oggi viene fatto dall'uomo che scava tunnel e livella colline e deve sistemare da qualche parte il materiale che avanza.
Sempre più spesso oggi, infatti, accade di assistere a strani lavori: "buchi" sono scavati in mezzo a prati, per poi essere riempiti con dell'altra terra, delle altre pietre o dei detriti; oppure aree pianeggianti, ricche però di avvallamenti, sono livellate e assumono una forma talmente regolare da apparire subito imposta, non naturale.
Siamo di fronte al tentativo di "mettere via" metri cubi e metri cubi di terra, di pietre, di detriti che non sappiamo/vogliamo utilizzare altrimenti.
Nei secoli passati i residui delle costruzioni crollate o distrutte erano reimpiegate: vi si costruiva sopra (sono innumerevoli gli scavi archeologici dai quali emergono, come strati di una torta, le diverse città che si sono succedute nel medesimo sito) oppure i materiali erano utilizzati nelle nuove costruzioni (in tutte le città è facile imbattersi in palazzi o chiese più recenti in colonne che facevano parte di edifici ad esempio romani).
Questo non significa che anche allora non esistevano scarti: proprio dall'analisi degli scarti ritrovati nelle discariche antiche è stato possibile ricostruire tante tecniche di produzione e indagare sulla vita, sulla dieta e sulla ricchezza di quelle popolazioni.
Oggi, il ritmo e le tecniche con le quali si edifica è tale però, che non si sa che cosa fare delle macerie delle costruzioni preesistenti e delle terre che derivano dalle voragini che sono scavate per accogliere le nostre macchine o le autostrade.
La prospettiva sembra essere proprio che alla fine …. ogni valle sarà colmata.
Accettare questa prospettiva significa affrontare la questione da un punto di vista molto molto limitato e cioè come sistemare gli scarti dell'industria edilizia.
Porsi in quest'ottica significa accettare che:
. la creazione nei processi produttivi di rifiuti, cioè di materiali che non possono più essere utilizzati e che devono essere sistemati da qualche parte e in qualche modo, è inevitabile;
. il bene prodotto, una volta esaurita la sua funzione, deve essere accantonato e non può avere più alcuna utilità;
. qualcuno deve assumersi l'onere di trovare una collocazione ai rifiuti e ai beni divenuti tali.
Molti oggetti, dopo il primo uso, acquistano spesso una nuova vita.Immaginiamo invece un percorso più "virtuoso" nel senso che si intende limitare al minimo la produzione di rifiuti.
I costi delle materie prime e dell'energia, necessaria per le diverse trasformazioni all'interno dei cicli di lavorazione, hanno ormai spinto qualsiasi produttore e minimizzarne gli impieghi allo stretto indispensabile: i margini di miglioramento sono ricercati o nella modifica del bene stesso o nell'utilizzo di altri materiali.
Il prodotto deve quindi essere progettato per poter essere commercializzato creando meno residui possibili, oltre che per utilizzare in modo efficiente le materie prime e l'energia impiegate per la sua costruzione.
Spesso però le esigenze commerciali divengono esse stesse causa di produzione di rifiuti: gli imballaggi di certi prodotti alimentari sono da questo punto di vista esemplari.
I contenitori successivi di certi prodotti, più o meno colorati e dalle forme varie, non rispondono ad alcuna esigenza di trasporto o di conservazione, ma esclusivamente a motivi estetici per attirare il cliente.
Una prima linea di intervento deve puntare a ridurre la creazione di rifiuti durante la produzione e la vita del bene quali ad esempio gli imballaggi con i quali sono trasportati e distribuiti.
Il progetto del prodotto deve poi estendersi anche a ricomprendere la fase finale, individuando che cosa e come recuperare le diverse componenti.
Ecco quindi che sempre più spesso, anche se non ancora in modo così capillare, fin dall'inizio si pensa già a quale possa essere il destino del prodotto quando arriverà alla fine del suo ciclo di utilizzo.
Nell'industria automobilistica ad esempio questo aspetto progettuale è divenuto addirittura oggetto delle campagne pubblicitarie di commercializzazione dell'autovettura dove sono indicate le percentuali di materiale riciclato impiegato e che cosa del mezzo potrà essere a sua volta riciclato.
Una buona progettazione del bene a questi fini dovrebbe, poi, permettere anche la gestione di quei beni che non arrivano neppure alla commercializzazione, perché già scartati nel processo produttivo perché non raggiungono il livello qualitativo richiesto.
È possibile quindi definire una seconda linea di intervento: i prodotti vanno pensati e progettati per facilitarne il riutilizzo a fine vita.
L'applicazione delle due linee di intervento così delineate comporta che tutti siamo chiamati ad assumerci l'onere della gestione dei rifiuti: chi produce i beni e chi li utilizza.
Coloro che producono devono costruire beni che possono poi essere facilmente e convenientemente riutilizzati, coloro che acquistano devono scegliere e preferire i beni a impatto minore, oltre che operare quotidianamente una selezione dei rifiuti per materiali omogenei.
   
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