IL MATERIALE INORGANICO
Ottimizzare il processo che porta dalla demolizione o decostruzione al riuso e riciclo dei materiali è necessario per risolvere il problema del loro impatto ambientale.
RIUTILIZZARE I MATERIALI EDILI
di Paola Lassandro
In merito al problema del riciclo dei materiali da costruzione e demolizione si focalizza un particolare interesse a livello internazionale per le sue ricadute sull'ambiente. L'impatto ambientale dei rifiuti va valutato in riferimento all'intero ciclo di vita dei materiali/componenti dall'estrazione dei materiali al ciclo produttivo fino al loro smaltimento e processo di riciclo/riuso.
Si possono individuare cinque categorie principali di valutazione: energia utilizzata, anidride carbonica prodotta, risorse utilizzate, rifiuti prodotti e VOC (composti organici volatili) immessi nell'atmosfera.
Al fine di ottimizzare il processo di riutilizzo dei materiali/componenti, si sta affermando in alternativa alla demolizione il principio della decostruzione come processo inverso della costruzione con le sue fasi e le sue regole di sistematico disassemblaggio delle parti costituenti l'edificio.
Questo principio è ampiamente valido nella costruzione del nuovo poiché apre sempre nuove prospettive alle costruzioni leggere come quelle metalliche che possono essere concepite come sistemi modulari e facilmente smontabili nei relativi componenti e sub-componenti, soprattutto se l'assemblaggio avviene tramite connessioni di tipo meccanico secondo schemi a stella (uno a uno o uno a molti) piuttosto che con schemi bloccali (uno a molti e molti a uno).
Diverso è il discorso per gli edifici esistenti, che per la maggior parte sono stati costruiti con lavorazioni così dette ad umido che rendono difficile la separazione dei componenti in elementi costruttivi base (ad es. conci di pietra, laterizi, lastre, profilati) e/o materiali base (ad es. malta, calcestruzzo, ferro). Per i conglomerati polimaterici, nei quali i diversi materiali sono indissolubilmente uniti, la loro più semplice "fine" alternativa alla discarica può essere la triturazione e il loro riutilizzo come aggregati, ma nuovi metodi possono essere studiati per una loro valorizzazione.
Diversi centri di ricerca europei si stanno occupando di come ottimizzare il processo che porta dalla demolizione o decostruzione al riuso e riciclo dei materiali.
Il riciclo del calcestruzzo
Di estremo interesse risulta uno studio condotto presso il Bauhaus-University of Weimar (…) e la Ottovon-Guericke-University of Magdeburg, sponsorizzato dalla DFG Bonn, in Germania finalizzato ad ottimizzare il processo di riciclo del calcestruzzo.
I detriti provenienti dalla demolizione di elementi costruttivi funzionali in calcestruzzo come travi, pilastri, pareti, pali per la luce, ecc. possono essere utilizzati in due modi principali come:
. aggregati per i sottofondi stradali (in Italia il loro utilizzo è normato dalle UNI 10006/02) e i sottofondi in genere;
. aggregati per nuovo calcestruzzo da utilizzare per elementi non strutturali.
Nel primo caso il materiale prodotto a seguito di trattamento (deferizzazione, triturazione, eliminazioni parti leggere e selezione secondo appositi vagli) è rispondente a quelle che sono le prestazioni richieste da un sottofondo in quanto la presenza di maggiori spigoli e di vecchio cemento attaccato agli aggregati sembra essere a vantaggio di un maggior effetto stabilizzante del sottofondo stesso.
Nel secondo caso l'utilizzo di aggregati ottenuti dalla triturazione di calcestruzzo al posto di quelli ottenuti direttamente da roccia naturale per la produzione di elementi costruttivi in calcestruzzo presenta alcuni svantaggi. Gli aggregati prodotti si presentano come agglomerati di vecchio cemento e degli aggregati originali. Ciò causa un maggior assorbimento di acqua e una più bassa resistenza dei grani alle diverse sollecitazioni.
Inoltre si possono creare microfratture tra i due componenti come risultato dell'iniziato ma non completato processo di disgregazione. Per superare questo problema si possono utilizzare impulsi sonici ad alta prestazione per disaggregare i detriti di calcestruzzo. Questa tecnologia consente di ottenere materiali secondari che possono essere utilizzati per il nuovo calcestruzzo senza alcuna restrizione. Il metodo tradizionale di frantumazione meccanica, basato per l'appunto su forze di tipo meccanico, ha dei limiti per quanto riguarda la qualità del materiale prodotto in quanto non produce un'ottima separazione. La forza applicata di elevata entità rompe non solo il cemento ma anche l'aggregato.
La triturazione elettro-idraulica si basa sul principio di trasformare l'energia elettrica in energia meccanica attraverso impulsi sonici, che sono generati sotto l'acqua da una scarica elettrica distruttiva. Onde di pressione sonica si creano nel mezzo circostante. Quando queste onde attraversano interfacce di diversa densità, ad esempio acqua e calcestruzzo, o aggregati e pasta di cemento, si generano interazioni positive e negative. Come risultato forze di trazione e di compressione si creano tra queste interfacce. Le forze di trazione prima di tutto distruggono il legame tra gli aggregati e la matrice, e infatti le fessure si concentrano soprattutto lungo le superfici di interfaccia.
Selezionando i parametri elettrici del condensatore, la tensione di carica, la distanza tra gli elettrodi e il numero degli impulsi si può controllare l'energia prodotta. Durante il trattamento le particelle più fini sono allontanate attraverso una perforazione sulla base del container. Nella sperimentazione per verificare gli effetti in termini di rottura e separazione sono stati variati i diversi parametri elettrici.
Dalle sperimentazioni condotte presso il Bauhaus-University of Weimar risulta che l'uso degli impulsi è un utile strumento durante il processo di frantumazione del calcestruzzo. Con la variazione dei parametri elettrici, l'energia prodotta può variare notevolmente. Il numero degli impulsi e il voltaggio influenzano soprattutto la riduzione delle dimensioni delle particelle e la qualità dei prodotti frantumati. Si è anche riscontrato che questo processo è più difficile per il calcestruzzo con medie prestazioni rispetto a quello con alte o basse prestazioni. Anche il tipo di cemento utilizzato influenza la conducibilità dell'acqua. Si è notato che il cemento con un basso contenuto di idrossido di calcio, come il cemento d'altoforno, si disgrega più facilmente mentre la presenza di agenti inquinanti influenzano negativamente tutto il processo.
In ogni caso 1'aggregato secondario ottenuto con questo metodo presenta un minore contenuto di pasta di cemento nelle frazioni prodotte paragonato con quello presente negli aggregati secondari ottenuti con i sistemi meccanici classici di frantumazione.
Il riciclo dei mattoni
In termini di sviluppo sostenibile risulta interessante studiare delle applicazioni di maggiore qualità dei detriti provenienti dalla demolizione di murature. Dalla semplice triturazione dei mattoni si ottengono granulati che possono essere utilizzati nei sottofondi stradali ma si potrebbe anche pensare ad un uso più nobile dei mattoni stessi. Un loro riutilizzo tal quali sarebbe auspicabile per perseguire un doppio risparmio ambientale: ridurre sia l'estrazione di materiale vergine sia l'energia necessaria per produrli. I problemi da risolvere sono di due tipi e riguardano due fasi differenti del processo edilizio.
Per quanto riguarda la fase della demolizione bisogna scegliere la tecnica di demolizione più adatta per consentire un riuso dei mattoni ed inoltre prevedere già in cantiere una separazione dei mattoni dagli altri detriti.
Per la fase di trattamento è utile studiare un metodo per pulire i mattoni dalla malta residua al fine del loro riuso. In Olanda un team di ricercatori della Delft University of Tecnology -faculty of Civil Engineering and Geoscience, department of material science del TNO Istitute of Applied Physics (…) e of Environment, Energy and Process Innovation (…) ha sperimentato l'utilizzo di un processo termico ottenendo il recupero di circa il 50% dei mattoni come risultato di un progetto pilota presso lo stabilimento industriale in Reuver.
Per il diverso coefficiente di dilatazione termica della malta rispetto a quello del mattone d'argilla, il processo termico determina una differente deformazione dei due materiali e di conseguenza la creazione di forze di compressione e di trazione sull'interfaccia. Quando viene raggiunta una certa temperatura questa zona di interfaccia si rompe e subito dopo bisogna abbassare la temperatura. Quest'ultima operazione non va effettuata troppo velocemente altrimenti si possono creare delle forze in grado anche di creare delle microfratture nel mattone. Nel caso specifico della sperimentazione pilota, la temperatura raggiunta dopo 10 ore di riscaldamento progressivo è stata di 540°C. Dopo un periodo stabilizzante di 20 ore, la temperatura è stata abbassata lentamente. Il controllo della temperatura è fondamentale per un buon esito del processo, infatti un innalzamento della temperatura superiore a quella stabilita può provocare una rottura dei mattoni. È stato anche constatato che la separazione della malta a base di cemento Portland è più facile rispetto alla malta a base di calce in quanto dopo il trattamento nel primo caso i mattoni sono completamente puliti mentre nel secondo sulla superficie del mattone rimane un sottile strato di malta. Anche se i mattoni rossi in combinazione con la malta a base di Cemento Portland presentano alla fine del processo termico molte più fessure.
Il processo di selezione dei mattoni sani e di separazione della malta, la cui rimozione dal mattone non richiede più alcuna forza meccanica, può essere automatizzato nelle applicazioni pratiche poiché una selezione a mano risulta un lavoro troppo gravoso in termini di ore lavorative necessarie.
Con l'uso di vagli vibranti si potrebbero facilmente separare i mattoni dalla malta e utilizzare i residui di malta ottenuti per la produzione di calcestruzzo o altra malta. I frammenti dei mattoni rotti potrebbero invece essere utilizzati per produrre nuovi mattoni.
È stata effettuata anche una successiva sperimentazione in occasione della demolizione di un edificio delle ferrovie a Rotterdam costruito nel 1970.
In questo caso l'impresa è stata obbligata secondo quanto richiesto nell'appalto a procedere in cantiere ad un'attenta separazione dei materiali, utile per il successivo trasporto e trattamento dei rifiuti.
In questa seconda sperimentazione durante il trattamento dei mattoni è stata prestata maggiore attenzione al controllo della temperatura in tutto il processo di riscaldamento e raffreddamento del forno riuscendo a ridurre così il numero dei mattoni rotti. In questo caso il 45% dei mattoni è stato recuperato per un loro riutilizzo in altre murature.
Ulteriori sperimentazioni associate ad una maggiore attenzione alla fase di demolizione possono consentire di aumentare la percentuale di mattoni recuperati.
Conclusioni
Questi due esempi di sperimentazione indicano la strada per nuove ricerche che hanno la finalità di avvicinare il più possibile le prestazioni dei materiali/componenti a quelle dei riciclati tendendo all'interscambiabilità tecnica.
Anche se contemporaneamente; è necessario modificare alcuni standard in modo da consentire più facilmente la reintroduzione dei rifiuti da costruzione e demolizione nei nuovi processi produttivi e/o costruttivi.
Nota.
Articolo tratto dalla rivista Recycling - demolizioni e riciclaggio n. 01/2004 Edizioni PEI - Parma.
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