EUROPA
Con il decreto legislativo n. 39 del 24 febbraio 1997 viene recepita la direttiva 90/313/CEE relativa al diritto di accesso all 'informazione in materia di ambiente.
INFORMAZIONE AMBIENTALE: UN DIRITTO
di Fausto Ballerini
INFORMAZIONE AMBIENTALE E UNIONE EUROPEA
Il diritto all'informazione ambientale costituisce una delle principali tematiche di politica ambientale affrontate dall'Unione Europea. Esso, infatti, può essere inquadrato nell'ambito del principio di "azione preventiva", il quale costituisce - insieme a quello della "correzione, anzitutto alla fonte dei danni causati all'ambiente" e a quello di "chi inquina paga" - uno dei tre cardini fondamentali della politica comunitaria in materia ambientale già contenuti nella prima versione dell'articolo 130 R del Trattato (quella dell'Atto Unico Europeo). Significativo di questa tendenza è il terzo programma d'azione in campo ambientale laddove afferma l'importanza di disporre di informazioni comparabili sullo stato dell'ambiente.
Il decennio 1980-1990 è il periodo fondamentale per lo sviluppo del diritto all'informazione ambientale nell'ambito delle politiche comunitarie.
Questa fase è caratterizzata da due principali tendenze. La prima riguarda l'emanazione di alcune direttive di carattere generale molto significative sotto il profilo dell'informazione ambientale: si pensi alla c.d. direttiva "Seveso" del 1982 modificata poi nel 1988 ed alla direttiva concernente la "valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici o privati" del 1985 modificata nel 1997. La direttiva Seveso, in particolare, ruota attorno alle due nozioni fondamentali di "fabbricante" e di "incidente rilevante" ed ha il duplice obiettivo di diminuire l'incidenza del rischio nei processi industriali e di introdurre un sistema di prevenzione.
La seconda tendenza permette di porre le basi, attraverso una serie di documenti programmatici, per l'emanazione dei due principali atti in tema di diritto all'informazione ambientale: la direttiva del Consiglio 90/313/CEE del 7 giugno 1990 "concernente le libertà di accesso all'informazione in materia di ambiente" e il regolamento del Consiglio 1210/90 del 7 maggio 1990 "sull'istituzione dell'Agenzia europea dell'ambiente e della rete europea di informazione e di osservazione in materia ambientale".
In questa fase storica, risulta essere di particolare importanza il "quarto programma d'azione in materia ambientale", laddove prevede l'emanazione di un "atto per la libertà di informazione ambientale", la Carta Europea dell'Ambiente e il programma "Corine" diretto a realizzare un programma di lavoro della Commissione riguardante un progetto sperimentale per la raccolta, il coordinamento e l'uniformazione delle informazioni sullo stato dell'ambiente.
Questa serie di provvedimenti presi negli anni '80 e '90 dimostra la reale intenzione di rendere effettivo il diritto di accesso alle informazioni ambientali attraverso il miglioramento della raccolta e del coordinamento dei dati concernenti lo stato dell'ambiente.
PRINCIPALI CONVENZIONI INTERNAZIONALI IN TEMA DI DIRITTO ALL'INFORMAZIONE AMBIENTALE
Oltre alla Conferenza della Nazioni Unite tenutasi a Stoccolma nel giugno 1972 dove si è affermato che l'educazione e l'informazione ambientale costituiscono strumenti essenziali rispetto alle azioni di tutela e valorizzazione dell'ambiente vanno ricordate la "Carta della natura" (1982), la decisione/raccomandazione dell'OCSE n. 85 del 1988 sull'informazione del pubblico e partecipazione nei processi decisionali relativi alla prevenzione degli incidenti da sostanze pericolose e la "Carta Europea di Parigi" (1990). In tali documenti ci si impegna a promuovere la consapevolezza e l'educazione dell'opinione pubblica, la partecipazione all'elaborazione delle decisioni e la pubblica informazione dell'impatto ambientale delle politiche, dei programmi e dei progetti.
L'emanazione della "Dichiarazione di Rio" e della c.d. "Agenda XXI", è poi stata fondamentale per l'impostazione di una politica ambientale attenta ai diritti e alle esigenze legate all'informazione durante tutti gli anni '90.
Nell'ambito delle convenzioni internazionali rivestono particolare rilievo quelle relative alle attività pericolose. Di notevole importanza è la "Convenzione di Lugano" riguardante la responsabilità civile per danno all'ambiente derivante da attività pericolose (1993) nella quale si recepiscono i principi elaborati nel c.d. libro verde sul risarcimento dei danni all'ambiente.
L'articolo 16 di tale Convenzione si presenta particolarmente innovativo nel disciplinare il diritto di accesso alle informazioni ambientali in possesso dell'operatore" (che può anche essere una persona fisica o giuridica privata). Esso prevede, infatti, che chiunque abbia subito un danno derivante dallo svolgimento di una "attività pericolosa" per l'ambiente possa proporre un 'istanza all'autorità giurisdizionale competente, affinché questa possa ordinare all'operatore" di fornire le specifiche informazioni in suo possesso.
LA DIRETTIVA 90/313/CEE E IL DECRETO LEGISLATIVO 24 FEBBRAIO 1997 N. 39, OSSIA L'INFORMAZIONE AMBIENTALE E L'ORDINAMENTO ITALIANO
In Italia le prime disposizioni in tema di diritto all'informazione ambientale sono state introdotte con l'articolo 14 della legge n. 349/1986 istitutiva del Ministero dell'Ambiente. Con questa stessa legge, all'articolo 6, si è recepita la direttiva 85/337/CEE "concernente la valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati".
L'atto normativo più rilevante adottato su questo tema dall'Unione Europea è la citata direttiva del Consiglio 90/313/CEE "concernente la libertà di accesso alle informazioni in materia di ambiente". Attraverso questa direttiva, per la prima volta, si riconosce espressamente il principio in base al quale "le autorità pubbliche sono tenute a rendere disponibili le informazioni relative all'ambiente a qualsiasi persona fisica o giuridica che ne faccia richiesta, senza che questo debba dimostrare il proprio interesse".
In particolare la direttiva si articola in quattro punti essenziali:
a) la definizione assai ampia di informazione relativa all'ambiente;
b) la nozione di autorità pubblica;
c) la legittimazione ad accedere alle informazioni ambientali;
d) la garanzia di un adeguato sistema di tutela giurisdizionale nel caso in cui la richiesta di accesso sia infondatamente respinta o ignorata. Determinante nella preparazione della direttiva 90/313/CEE è stato il "Freedom of Information Act", una legge statunitense entrata in vigore nel 1974 incentrata sul diritto dei privati all'accesso all'informazione sugli atti detenuti dalle Agenzie del Governo Federale. Tale legge non è strettamente riferita ai documenti in materia ambientale ma conferisce un diritto all'informazione completo e molto ampio senza l'obbligo di dimostrare un interesse diretto.
In Italia la direttiva 90/313/CEE viene recepita con il decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 39.
Questo decreto legislativo prevede che il diritto d'accesso alle informazioni ambientali sia consentito "a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dimostrare il proprio interesse". L'unico onere posto in capo all'interessato (persone fisiche, giuridiche o Enti non personificati) è quello della previa identificazione.
· Cosa si intende per "informazione relativa all'ambiente":
Con tale definizione si intende qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora o contenuta nelle basi di dati riguardanti lo stato delle acque, dell'aria, del suolo, della fauna, della flora, del territorio e degli spazi naturali, nonché le attività, comprese quelle nocive, o le misure che incidono o possono incidere negativamente sulle predette componenti ambientali e le attività o le misure destinate a tutelarle, ivi compresi le misure amministrative e i programmi di gestione dell'ambiente.
· Cosa si intende per "autorità pubbliche": Le autorità pubbliche sono tutte le amministrazioni pubbliche statali, regionali, locali, le aziende autonome, gli enti pubblici e i concessionari di pubblici servizi, con l'eccezione degli organi che esercitano competenze giurisdizionali o legislative (ossia Tribunali, Parlamenti, Consigli regionali provinciali e comunali).
L'articolo 4 del D. Lgs. 39/1997 prevede che le Amministrazioni sottraggano all'accesso le informazioni
relative all'ambiente qualora, dalla loro divulgazione, possano derivare danni all'ambiente stesso o quando sussista l'esigenza di salvaguardare le seguenti situazioni:
a) la riservatezza delle deliberazioni delle autorità pubbliche, le relazioni internazionali e le attività necessarie alla difesa nazionale;
b) l'ordine e la sicurezza pubblici;
c) questioni che sono in discussione, sotto inchiesta, ivi comprese le inchieste disciplinari, o oggetto di un'azione investigativa preliminare, o che lo siano state;
d) la riservatezza commerciale ed industriale, ivi compresa la proprietà intellettuale;
e) la riservatezza dei dati o schedari personali;
f) il materiale fornito da terzi senza che questi siano giuridicamente tenuti a fornirlo.
Secondo gli orientamenti creatisi a seguito della letteratura prodotta in materia, sembrerebbe che al diritto di accesso, configurandosi come una sorta di prestazione dovuta da parte dell'Amministrazione pubblica, venga riconosciuta una natura giuridica di diritto soggettivo e non semplicemente di interesse legittimo.
Attualmente si potrebbero individuare tre principali categorie relative a tale diritto:
a) il diritto di accesso, da parte di chiunque ne abbia interesse, alle informazioni ambientali in possesso dell'autorità pubblica;
b) il diritto all'informazione volta a consentire la partecipazione ai procedimenti amministrativi in materia ambientale;
c) il diritto dei cittadini ad essere informati da parte dell'autorità pubblica a scopo preventivo.
È importante, inoltre, sottolineare come il diritto d'accesso alle informazioni ambientali si contraddistingua nettamente rispetto al diritto d'accesso agli atti amministrativi. Oltre ad esserci una diversa legittimazione a richiedere le informazioni, ciò che differenzia tali diritti è la loro diversa finalità. Infatti, se il diritto di accesso agli atti amministrativi ha soprattutto la finalità di favorire la partecipazione al procedimento amministrativo, viceversa per l'altro l'esigenza di fondo è quella di realizzare, attraverso un'ampia diffusione delle informazioni, una migliore e più efficace tutela preventiva dell'ambiente. Per questa ragione il diritto di accesso alle informazioni ambientali viene riconosciuto in termini più ampi rispetto al diritto di accesso agli atti amministrativi. È proprio relativamente a questa ampiezza che si è posto il problema di definire i limiti ed i casi di esclusione, soprattutto in relazione ai rapporti intercorrenti tra l'esercizio del diritto di accesso all'informazione ambientale e l'esigenza di tutela del segreto industriale. Malgrado questo tentativo non esiste però una casistica precisa e spesso, anzi, manca un coordinamento fra normativa nazionale e comunitaria. Si pensi, ad esempio, che il disposto dell'art. 23, comma 2, della legge n. 36/1994, in relazione ai servizi idrici, pur riconoscendo il diritto d'accesso "dei cittadini alle informazioni inerenti ai servizi gestiti nell'ambito di propria competenza, alle tecnologie impiegate, al funzionamento degli impianti, alla quantità e qualità delle acque fornite e trattate", non prevede che sia tutelato il segreto industriale. Se da un lato, quindi, la possibilità di esercitare il diritto di accesso alle informazioni ambientali nei confronti degli enti pubblici è piuttosto chiaro nella sua ampiezza, più complessa è invece la problematica riguardante la possibilità di esercitare tale diritto nei confronti delle società per azioni a partecipazione pubblica e, in generale rispetto ad organismi di natura giuridica privatistica aventi competenza in materia ambientale.
Non è certo questa la sede per un approfondimento di questi aspetti. Ciò non toglie che è auspicabile una migliore armonizzazione tra la normativa generale in materia di diritto di accesso agli atti amministrativi e quella specifica sul diritto all'informazione ambientale, al fine di evitare un diverso trattamento degli operatori di settore. Si pensi, per esempio, nell'ambito dei servizi pubblici locali relativi alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti, alla disparità di trattamento che attualmente esiste per l'accesso alle informazioni ambientali tra gestori costituiti in forma di società per azioni a partecipazione pubblica locale e gestori costituiti in forma di aziende speciali (o di consorzio). Al di là di qualunque aspetto tecnico o giuridico legato all'applicazione di questa normativa, resta il fatto oggettivo che oggi, al termine di un decennio che ha segnato una vera e propria rivoluzione nel rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione, esiste la possibilità di assicurare a chiunque la libertà di accesso alle informazioni relative all'ambiente in possesso delle autorità pubbliche. Un tassello importante per costruire quell'osmosi fra società civile e pubblica amministrazione, che permetta all'informazione di essere lo strumento principale per diffondere la consapevolezza dei grandi problemi ambientali che le future generazioni dovranno saper affrontare con ritrovata saggezza e determinazione.
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