MONOGRAFIA RISCHIO
In funzione dell'entità del rischio idrogeologico è necessario introdurre vincoli nell'uso del territorio. Facciamo una panoramica sulle leggi vigenti.
VINCOLI D'USO DEI TERRITORI A RISCHIO
di Raffaele Rocco
La disciplina dell'uso del suolo rispetto ai rischi idrogeologici stabilita dal Piano territoriale paesistico (PTP) e dalle norme urbanistiche approvate con la legge regionale 16 aprile 1998, n. 11.
Il PTP definisce tra l'altro i vincoli, le cautele e, in genere, le prescrizioni da applicare per la disciplina d'uso e di trasformazione delle diverse aree e delle diverse risorse, con particolare riguardo per la tutela del suolo e delle risorse primarie, dell'ambiente naturale, del patrimonio storico, artistico, culturale e del paesaggio.
In particolare esso stabilisce nelle norme di attuazione, relativamente a quelle attività che necessitino dell'autorizzazione all'interno del "Sistema fluviale" indicato nelle cartografie di Piano, che nelle more dell'individuazione da parte dei Comuni delle aree a rischio di esondazione si applichino le norme stabilite per la fascia B del "Piano stralcio delle fasce fluviali". Per quanto riguarda invece il tratto della Dora Baltea compreso tra la confluenza della Grand Eyvia e il confine piemontese, il PTP stabilisce che si applichino le delimitazioni delle fasce e le norme d'uso ad esse correlate dettate dal "Piano stralcio fasce fluviali".
La legge regionale urbanistica, (N° 11/98) all'articolo 35 indica che i terreni sedi di frane in atto o potenziali sono distinti, in funzione della pericolosità geologica, in: aree dissestate di grande estensione o coinvolgenti elevati spessori di terreno o comunque ad alta pericolosità, comprendenti grandi frane, falde detritiche frequentemente alimentate, aree instabili con elevata propensione al dissesto o con elevata probabilità di coinvolgimento in occasione anche di deboli eventi idrogeologici; in tali aree è vietato ogni intervento edilizio o infrastrutturale eccedente la messa in sicurezza, la bonifica dei dissesti e la manutenzione straordinaria;
· aree dissestate di media estensione o coinvolgenti limitati spessori di terreno o comunque a media pericolosità, comprendenti settori di versante maggiormente vulnerabili durante eventi idrogeologici per potenziale franosità soprattutto dei terreni superficiali e falde detritiche sporadicamente alimentate; in tali aree oltre alle opere di cui al punto precedente, sono consentiti gli interventi di risanamento conservativo, restauro, ristrutturazione edilizia ed ampliamento degli edifici e delle infrastrutture esistenti; sono ammessi altresì gli interventi di tipo puntuale e lineare di pubblico servizio, previa valutazione geologica e dell'adeguatezza delle condizioni di sicurezza in atto e di quelle conseguibili con le opere di difesa necessarie;
· aree dissestate di piccola estensione o bassa pericolosità, caratterizzate da locali fenomeni di instabilità per franosità in occasione di eventi idrogeologici; in tali aree sono consentiti, oltre agli interventi di cui ai punti precedenti, anche interventi che comportino la realizzazione di nuove strutture abitative e produttive, previa verifica, tramite specifiche indagini geognostiche, dell'adeguatezza delle condizioni di sicurezza in atto e di quelle conseguibili con le opere di difesa necessarie. La stessa legge regionale urbanistica, all'articolo 37, indica che i terreni soggetti al rischio di valanghe o slavine sono distinti, in funzione dell'intensità degli eventi attesi e della loro frequenza, in tre categorie:
· aree ad elevato rischio; in tali aree è vietato ogni intervento edilizio o infrastrutturale eccedente la messa in sicurezza e la manutenzione straordinaria; è inoltre consentita l'esecuzione di opere infrastrutturali interrate direttamente attinenti al soddisfacimento di interessi generali;
· aree a medio rischio; in tali aree oltre agli interventi di cui al punto precedente sono consentiti la costruzione, la ricostruzione e l'ampliamento degli edifici che siano idonei a resistere ai massimi effetti attesi in tali aree e quelli connessi all'allevamento del bestiame;
· aree a debole rischio, nelle quali sono consentiti gli interventi di cui ai due punti precedenti, dimensionati in relazione ai massimi effetti degli eventi attesi in tali ambiti.
Spetta ai Comuni individuare i terreni soggetti a rischio di alluvione, frana e valanga e delimitarne il perimetro in apposita cartografia, sia su base catastale, sia su carta tecnica regionale in scala 1:10.000. Tale cartografia costituisce parte integrante del PRGC. Attualmente sono numerosi i Comuni che hanno avviato gli studi necessari per la perimetrazione delle zone a rischio, sia sulla base delle fasce ed aree di rischio contenute nel Piano dell'assetto idrogeologico che sulla base di studi specifici. Per venire incontro agli oneri non indifferenti che i Comuni devono sostenere per questi adempimenti, la Giunta Regionale ha approvato con la deliberazione n. 5002 del 30/12/1999 con la quale è stata approvata l'erogazione di un contributo variabile a seconda dell'estensione del Comune e dell'entità dei rischi stessi.
Queste attività di indagine sul territorio, oltre a permettere la determinazione e l'aggiornamento delle aree sottoposte a vincoli d'uso dai piani regolatori comunali, permetteranno anche di costituire una banca dati relativa ai dissesti con un elevato dettaglio di definizione
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