Le calamità naturali hanno segnato profondamente il territorio (prima ancora che se ne occupasse personalmente l'uomo), provocando ferite che il tempo non è sempre riuscito a rimarginare completamente e che sono ancora visibili a secoli di distanza.
Le aree interessate dalla furia devastatrice della natura, in particolare quelle a rischio per il ricorrere ciclico di eventi catastrofici, sono state designate con appellativi che testimoniano di questi grandi sconvolgi-menti e mettono in guardia sull'eventualità che essi possano ripetersi.
Se diamo uno sguardo al territorio nazionale, periodicamente flagellato da terremoti, inondazioni, frane, eruzioni vulcaniche, possiamo constatare come molte località portino nomi che a questi eventi fanno riferimento. Alluvioni Cambiò è una località in provincia di Alessandria alla confluenza del Tanaro nel Po: la prima parte del toponimo è trasparente mentre, per quanto riguarda la seconda, non si tratta naturalmente di una voce del verbo cambiare, ma di una forma di cui risulta difficile indicare l'etimologia. Il toponimo Fraine, località in provincia di Chieti, è da assimilare a nomi geografici del tipo Frana, nel significato appunto di frana, terreno dirupato, e per la cui origine si ipotizza un *FRAGINA, azione di rompere (cf. il latino FRANGERE, rompere). Motta, nome di luogo frequente in Valdarno e Mugello, avrebbe secondo il Pellegrini il significato di frana, dal latino *MOVITA, derivato dal verbo MOVERE, muovere (vedasi anche la voce smottamento) e da non confondere con il più diffuso Motta, nel senso di elevazione del terreno, da un radicale preromano *MUTT, sporgenza. E si potrebbe proseguire con altri esempi. Riportando il discorso alla nostra realtà regionale, possiamo vedere come la Valle d'Aosta, con il suo territorio prevalentemente montuoso, sia soggetta innanzitutto al rischio di valanghe, ma anche di frane e di alluvioni, in concomitanza con le grandi piogge. Nelle zone dove frequentemente si staccano valanghe troviamo toponimi come Lavanche, Lavanchey, Lavancher (che ci ricorda la valanga di Lavancher che ha recentemente colpito la frazione Dailley di Morgex); lavèntsé in patois designa un luogo dove scende una valanga. La voce lavèntse, valanga, deriva dal latino LABINA, frana, smottamento. In bassa Valle, per designare la valanga e quindi i relativi toponimi, troviamo Combia, Quiomba, verosimilmente dal latino CUMULUS, cumulo, mucchio (nella fattispecie, di neve). Generalmente, per indicare frane e smottamenti, i dialetti valdostani ricorrono alle voci Gai, Cail, Cailì, Caille, attestate pure nei nomi di luogo, spesso precedute da altri elementi quali prato, ecc., come in lo Pra dou Gai, il prato della frana, a ricordo di un evento risalente a chissà quale epoca o che si verifica periodicamente. Cail (da non confondere con gli omonimi che significano, in altri contesti, ora il caglio, ora il callo o, meglio, la vescica prodotta da attrito prolungato) è da far risalire, come il francese caillou, ad una base celtica CALJO, nel senso di sasso, ciottolo, dal radicale preindoeuropeo *CAL, pietra.
Il risultato dello sfaldamento, del disfacimento dei fianchi di una montagna, sono le pietraie che hanno originato toponimi quali Clapèi, Cllapèi, Quiapèi; allo stesso modo, nomi quali Iér, Guier, Ller si riferiscono a terreni ghiaiosi, risultato di inondazioni o di tracimazioni di un corso d'acqua.
Rovéna, Rovine, Ruines, Rovinal, dal latino RUINA, frana, designano un terreno franoso, generalmente con presenza di acqua. L'Abbé Henry precisa quanto segue: "Una rovina F...j è un ammasso di pietre, di terra, di sabbia che improvviso si stacca dalla montagna, provocato quasi sempre da una sacca di acqua. La parola rovina esprime non solo la frana in se stessa, ma anche il luogo in cui essa avviene. Attorno a questi luoghi dove si sono verificati eventi nefasti, si è accesa la fantasia popolare e sono fiorite leggende come quella della Rovéna di Ayas di cui propongo una delle tante versioni.
Per completare questa breve panoramica, consideriamo ancora alcuni toponimi attestati nelle limitrofe regioni d'oltralpe della Savoia, del Vallese e, più in generale, della Svizzera romanda, escludendo quelli già analizzati per la Valle d'Aosta. In Savoia troviamo Rlavé "coulée de terre"; Veis, Vés, dal latino VIA, via, nella fattispecie "voie sui vie par l'avalanche"; Marin "vase qui se dépose après une inondation" o "matériaux transportés par une avalanche".
Nel Vallese si può attestare Avaye, Availle, Availlaz "éboulement, glissement de terre" e, nella toponomastica romanda, Dérotes "terrain éboulé", Écoulaz "grande coulée de limon ou de terre".
LA LEGGENDA DELLA ROVENA DI AYAS
L'ingresso del villaggio di Palouettaz, per chi proviene da Champoluc, si trova un valloncello dal terreno instabile e percorso da un rigagnolo: la Rovéna. Si racconta che tanto tempo fa, in un alpeggio a monte di Palouettaz, dove ha inizio la Rovéna, una pastorella della famiglia dei Borbon era intenta a pascolare il suo gregge. Era giorno di festa, forse la solennità del Corpus Domini, e nella chiesa parrocchiale veniva distribuito il pane benedetto. Ad un tratto una vecchietta si avvicinò alla fanciulla e le chiese di recarsi ad Antagnod (sede della chiesa parrocchiale) a prendere il pane benedetto, nel frattempo avrebbe provveduto lei stessa ad accudire al gregge. Aggiunse però che avrebbe dovuto darle questo pane da bocca a bocca, sotto qualunque sembianza l'avesse trovata. La pastorella acconsentì, ma al suo ritorno non trovò più la vecchietta, bensì una serpe che, con la bocca spalancata, aspettava che le venisse dato il pane. Alla fanciulla mancò il coraggio di esaudire questa richiesta. Allora la serpe attorcigliandosi tracciò un rivo, pronunciando queste parole profetiche: "Finché mondo sarà, questa Rovéna s'accrescerà e la stirpe dei Borbon si perderà". Questo episodio spiegherebbe l'origine della Rovéna, destinata ad accrescersi con il tempo (per la cronaca, la famiglia dei Borbon è effettivamente estinta da tempo).