Con l’entrata in vigore della legge regionale 6 aprile 1998, n. 11 e del Piano Territoriale Paesistico, approvato con l.r. 13/1998, la Valle d’Aosta ha posto le basi per la completa revisione della propria pianificazione territoriale regionale e locale. Con queste disposizioni legislative, che hanno sostituito o integrato quanto disposto dalla previgente normativa regionale e nazionale in materia di pianificazione territoriale, è stato disegnato il profilo dei “nuovi” Piani regolatori generali, frutto dell’adeguamento degli attuali strumenti urbanistici alle disposizioni contenute nella succitata normativa regionale di riferimento. Enunciato fondamentale della legge regionale è quello relativo al perseguimento dello sviluppo sostenibile, principio espresso per la prima volta nella legislazione regionale. L’articolo 1 della l.r. 11/1998, infatti, dichiara che la Regione persegue lo sviluppo sostenibile del proprio territorio e che “Per sviluppo sostenibile s’intende lo sviluppo che soddisfa i bisogni delle generazioni presenti, salvaguardando il diritto di tutti a fruire, con pari possibilità, delle risorse del territorio, senza pregiudicare la soddisfazione dei bisogni delle generazioni future, nella consapevolezza della particolare rilevanza ambientale che caratterizza il territorio della Regione” in piena armonia con la definizione contenuta nel rapporto Brundtland elaborato nel 1987 dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo. Stabilisce inoltre che “Le trasformazioni edilizie o urbanistiche del territorio, ivi inclusi i mutamenti delle destinazioni d’uso ancorché non accompagnati da opere edilizie, incidenti sui pesi insediativi o sull’ambiente, devono rispettare le norme della presente legge, nonché quelle delle altre leggi, dei regolamenti e dei piani di volta in volta applicabili.” Il perseguimento di tale obiettivo è assegnato dalla l.r. 11/1998 alla “pianificazione territoriale-paesistica, urbanistica, di settore e la programmazione generale e settoriale”. Ai piani regolatori generali comunali spetta dunque il compito di perseguire lo sviluppo sostenibile del proprio territorio attraverso le scelte pianificatorie e programmatorie in essi contenute e su di essi ricade la responsabilità delle scelte operate.
Le Amministrazioni locali dunque, attraverso lo strumento del piano regolatore, sono chiamate a rivedere, alla luce delle nuove disposizioni normative, la propria pianificazione territoriale. Alla Regione, in questo iter di adeguamento dei piani regolatori al nuovo profilo territoriale e paesistico delineato dal PTP e alle nuove disposizioni normative, spetta il compito di valutare e avvallare le scelte operate nonché verificare la rispondenza formale dei PRG alle disposizioni normative. Si tratta di una funzione assegnata alla Regione dalla normativa regionale, che si adempie attraverso uno specifico iter di approvazione delineato in maniera puntuale dalla l.r. 11/1998 e ulteriormente specificato attraverso un provvedimento attuativo della legge stessa.
L’articolo 15 della l.r. 11/1998 ha fissato l’iter per la formazione della variante al PRG, in adeguamento alle disposizioni del PTP e ai contenuti della legge urbanistica medesima. Tale iter inizia con l’elaborazione di una bozza della variante che oltre agli elaborati cartografici, contiene una relazione che ha lo scopo di evidenziare la coerenza della variante stessa con i principi, le finalità e le determinazioni della pianificazione territoriale e paesaggistica della Regione. È importante sottolineare che tutti i comuni hanno avviato l’iter per la formazione della variante in data anteriore all’entrata in vigore della legge regionale 12/2009 in materia di VAS e VIA. Per tale motivazione la bozza di variante, seguendo la procedura della normativa vigente al momento dell’avvio del procedimento, come stabilito dall’art. 29 della l.r. 12/2009 in materia di valutazione ambientale, deve contenere uno studio di impatto ambientale rappresentato dalla Relazione, (i cui contenuti sono stati definiti dalla DGR 418/1999 in attuazione della legge regionale 11/1998), idoneo ad accertare la compatibilità ambientale della variante stessa, come definito all’articolo 7 delle Norme di attuazione del PTP che stabilisce che “Il PTP costituisce l’insieme organico delle determinazioni con le quali, in primo luogo, sono da confrontare i piani e i progetti assoggettati alla valutazione di impatto ambientale”, e che inoltre “La valutazione di impatto ambientale dei piani ad essa assoggettati dalla legge comporta il confronto dei piani medesimi con le analisi, le valutazioni e le determinazioni del PTP; in tale sede, possono essere operati, o verificati se già condotti dai piani via via esaminati, approfondimenti delle analisi e della ricognizione dello stato di fatto, atti a motivare scelte che si discostino dagli indirizzi del PTP”. Se ne deduce che la valutazione ambientale della bozza di adeguamento dei piani regolatori al PTP è, in primo luogo, una valutazione circa la “coerenza” della bozza medesima con le determinazioni del PTP.
Per quanto attiene la procedura di approvazione, sempre tracciata dall’articolo 15 della l.r. 11/1998, la bozza di variante è sottoposta all’esame dell’Amministrazione regionale. L’istruttoria, elaborata dalla Direzione pianificazione territoriale, è completata dei pareri e delle osservazioni di tutte le strutture regionali interessate al contenuto della variante. Il risultato dell’istruttoria è valutato dalla Conferenza di pianificazione che è chiamata ad esprimersi sui contenuti della variante e sulla compatibilità ambientale della stessa. Tale valutazione contiene tutte le indicazioni necessarie da fornire all’Amministrazione comunale al fine della predisposizione della variante da sottoporre all’esame del Consiglio comunale che, dopo formale adozione, è resa pubblica per quarantacinque giorni consecutivi. Chiunque ha la facoltà di esprimere osservazioni, nell’interesse comune. Concluso il periodo di pubblicazione, il Comune esamina le osservazioni presentate accogliendo o non accogliendo le proposte di modificazione raccolte e adotta definitivamente la variante. Per una seconda volta la Conferenza di pianificazione è chiamata a esaminare la variante: la Direzione pianificazione territoriale cura l’istruttoria e acquisisce i pareri e le osservazioni di tutte le strutture regionali e se necessario, degli Enti pubblici interessati dal contenuto della variante stessa. La Giunta regionale, sulle risultanze della valutazione della Conferenza di pianificazione e sentite anche le valutazioni del Sindaco del Comune interessato, con propria deliberazione può: approvare la variante, non approvare la variante o proporre al Comune delle modificazioni. Nel caso di proposte di modificazione, il Comune può disporne l’accoglimento che comporta l’approvazione definitiva della variante, oppure presentare proprie controdeduzioni su cui la Giunta stessa, sentito il parere della Conferenza di pianificazione, deve pronunciarsi in via definitiva.
Dall’analisi dell’iter di approvazione della variante di adeguamento dei piani regolatori al PTP, emerge preponderante il ruolo che la Regione svolge nell’esame della variante stessa. Per svolgere correttamente tale ruolo la Direzione urbanistica, oggi Direzione pianificazione territoriale, responsabile del procedimento di approvazione della variante al piano regolatore, si è dotata, a partire dal 2003 (anno in cui è stata presentata la prima bozza di variante) di un documento, chiamato “quaderno metodologico”, che ha fissato uno schema di lavoro relativo all’esame della bozza di variante.
Alle disposizioni normative si è quindi affiancata una prassi operativa consolidata attraverso l’esperienza acquisita con il lavoro finora svolto sui piani esaminati e portati a conclusione dell’iter di approvazione.
Questa integrazione alla procedura ha, dapprima, visto introdurre un incontro informale “pre-conferenza” con i rappresentanti del comune e i tecnici redattori della variante al piano regolatore per illustrare le risultanze della fase istruttoria, finalizzato a confrontarsi su particolari problematiche emerse in fase di esame e per acquisire ulteriori informazioni circa scelte operate dall’Amministrazione comunale e non condivise, in tutto o in parte, dai servizi regionali competenti chiamati ad esprimersi. Quindi, è stata proposta una procedura di “affiancamento” ai Comuni in “difficoltà” con la presentazione della bozza di variante. Si tratta di tavoli di lavoro tematici, organizzati dalla Direzione pianificazione territoriale, tra Amministrazione comunale e rappresentanti delle strutture regionali, volti a supportare amministratori e progettisti della redazione della variante nelle scelte pianificatorie oltre che un punto di vista strettamente tecnico.
Il “quaderno metodologico” ha tracciato, secondo lo schema riportato nel box contenuto in questo articolo, un processo d’esame della variante e ha definito un modello d’istruttoria che è stato nel tempo affinato e semplificato.
Particolare importanza assume, nella fase istruttoria, l’esame del dimensionamento del PRG, che si svolge sia sul piano vigente sia sulla nuova variante. È verificata l’attuazione del piano regolatore vigente al fine di valutare, tenuto conto delle previsioni di incremento demografico e della conseguente definizione dei fabbisogni abitativi, la sua residua capacità insediativa: si analizzano i dati relativi al patrimonio immobiliare esistente e le previsioni di recupero del medesimo e si calcola la residua capacità edificatoria delle zone di espansione ancora non edificate.
Si passa poi alla verifica delle previsioni di sviluppo, sia demografico che economico del territorio comunale, proposte dalla variante al piano, non soddisfatte dalla edificabilità residua del piano vigente; è inoltre valutata l’insediabilità e la sua coerenza con le ipotesi di sviluppo.
Questo lavoro è finalizzato a capire (e quindi correggere qualora necessario) quanto la variante prevede in termini di occupazione di suolo, attraverso l’edificazione di nuovi volumi, se i nuovi volumi sono dimensionati in modo proporzionale alle necessità dei nuovi fabbisogni abitativi e, in particolare modo, a verificare se il consumo di territorio proposto sia coerente con la necessità di salvaguardia delle aree agricole.