Evoluzione della pianificazione agricola territoriale
Precedentemente all’entrata in vigore della legge regionale 11/98 (Normativa urbanistica e di pianificazione territoriale della Valle d’Aosta) erano presenti, nei vari PRG, discipline d’uso diverse dei territori agricoli. L’edificabilità in tali comprensori era disciplinata da una “cultura di tipo urbano” che non teneva conto delle esigenze di tipo produttivo delle aziende, ma prevedeva parametri di edificabilità proporzionali all’entità delle superfici agrarie. Le aree agricole erano considerate aree di “risulta” o “zone ad edificabilità urbana differita” in attesa di una trasformazione urbana, man mano che si esauriva l’offerta delle aree rese già edificabili.
In difesa del settore agricolo era pertanto necessario ammettere esclusivamente quegli interventi strettamente funzionali all’attività economica rurale svolta e dimensionati alle specifiche esigenze dell’attività prevista.
In questa prospettiva, a partire dall’anno 1994, si iniziò a redigere un manuale degli standard costruttivi per la costruzione dei fabbricati rurali che divenne norma di riferimento per la formulazione di pareri vincolanti al fine del rilascio delle concessioni edilizie da parte delle amministrazioni comunali.
Da quel momento fu prevista l’obbligatorietà del parere di razionalità per tutti gli interventi strutturali che volevano beneficiare di aiuti finanziari pubblici. In tale valutazione i volumi edificati dovevano avere stretta pertinenza con le necessità aziendali.
Nel 1996 si è provveduto anche, al fine di avere un maggior controllo dell’attività edificatoria, ad una variazione dei criteri per il rilascio dell’attestato di funzionalità (utile ad ottenere l’esonero dal pagamento degli oneri di urbanizzazione). Attestato a suo tempo generalmente richiesto da tutti i PRG per poter edificare nelle zone agricole.
Così facendo si è posto un limite alla discrezionalità pianificatoria comunale, a vantaggio di una maggiore uniformità di valutazione degli interventi sul territorio e della loro funzione produttiva e di conservazione del paesaggio rurale.
Con l’entrata in vigore della L.R. 11/98 e delle relative delibere attuative si è ufficializzata la valenza urbanistica del parere di razionalità lasciando alla funzionalità il suo ruolo legislativo originario, finalizzato all’ottenimento dell’esenzione degli oneri di urbanizzazione.
Nello specifico, la deliberazione del Consiglio regionale n. 517 del 24 marzo 1999 ha stabilito che “per l’edificazione con destinazione agro-silvo-pastorale ovvero per le strutture asservite ad aziende agricole e per le parti residenziali connesse alla conduzione delle stesse, il PRG stabilisce che la densità edilizia viene determinata dalle esigenze aziendali convalidate nello specifico dal giudizio di razionalità espresso dalle competenti strutture regionali sulla base del manuale tecnico contenente gli standard costruttivi e gli elementi di riferimento per il dimensionamento dei fabbricati rurali e degli annessi…”.
La ritardata approvazione da parte delle amministrazioni comunali dei nuovi strumenti urbanistici ha reso necessario mettere in atto iniziative legislative al fine di dare seguito a tale principio. Si è proceduto quindi con la “Omnibus” n. 31 del 5 dicembre del 2005 a modificare l’art. 22 della legge in questione indicando il “manuale degli standard costruttivi” come riferimento per l’attività edificatoria nelle zone E. La deliberazione di Giunta 1544 del 26/05/2006 ha potuto quindi disciplinare, per la prima volta dal 1994, il rilascio della razionalità ai sensi di specifica norma urbanistica.
Obiettivi prioritari della pianificazione agricola territoriale
Nella fase di approvazione delle varianti generali di adeguamento dei PRG al PTP e alla LR 11/98, gli uffici competenti pongono particolare attenzione ad alcuni aspetti.
In tutti i Comuni si chiede che nelle zone agricole la nuova costruzione e la ristrutturazione di fabbricati rurali siano subordinati all’ottenimento del parere di razionalità favorevole. Tale condizione è richiesta per tutte le tipologie di fabbricato previste nel manuale degli standard costruttivi citato in precedenza. Il parere di razionalità non è necessario per altre tipologie di fabbricati agricoli quali serre, box cavalli, ecc. e per i beni strumentali all’attività agricola di dimensione inferiore ai 20 metri quadrati. I Comuni che intendono ammettere sul proprio territorio queste strutture possono, in sede di approvazione della variante generale al PRG, definire delle specifiche discipline urbanistiche.
La salvaguardia delle buone terre agricole è una necessità non più rinviabile in quanto il consumo del suolo agricolo ha raggiunto livelli assai preoccupanti. Un recente documento della presidenza del Consiglio dei Ministri evidenzia che ogni giorno in Italia si cementificano 100 ettari di superficie libera e che, dal 1956 ad oggi, il territorio nazionale edificato è aumentato del 166%. La conseguente perdita di superficie libera, oltre a ridurre la produzione agricola e la sicurezza alimentare, ha un impatto negativo anche per i rischi legati alla rottura degli equilibri naturali. Nella fase di esame delle varianti ai PRG, l’impegno è quello di contrastare tale tendenza evitando che gli ampliamenti o la creazione di nuove zone edificabili riguardino i terreni a maggiore valenza agricola o già dotati di impianti e infrastrutture a supporto di tale attività.
È buona norma evitare che nelle immediate vicinanze delle strutture zootecniche razionali presenti sul territorio regionale possano essere realizzate nuove abitazioni oppure nuove aree edificabili. Siccome le aziende di allevamento, per operare in modo razionale, hanno bisogno di ampi spazi, occorre impedire che le stesse siano eccessivamente soffocate e accerchiate da edifici non direttamente collegati all’azienda stessa. Nel rispetto del principio della reciprocità sancito dalla deliberazione del Consiglio regionale n. 518/XI, si chiede inoltre che le nuove stalle e concimaie siano realizzate a debita distanza dalle abitazioni e aree edificabili già esistenti al fine di evitare l’insorgere di problematiche di ordine igienico-sanitario.
Un altro obiettivo è introdurre, nella disciplina dei PRG, delle norme che tutelino il patrimonio edilizio agropastorale presente nelle zone urbanistiche di tipo agricolo. I fabbricati agricoli ancora razionali, in uso o meno, e i fabbricati agricoli di medie-grandi dimensioni non più razionali, la cui localizzazione è considerata strategica per lo sviluppo e il mantenimento del territorio rurale, non possono essere oggetto di cambio di destinazione d’uso. È indispensabile assicurare la continuità dell’uso agricolo delle strutture presenti. Nel tempo si è potuto osservare che molte strutture realizzate in zona agricola sono state convertite ad altri usi determinando spesso la penetrazione, in queste aree, di attività del tutto estranee al contesto, con l’inevitabile insorgere di evidenti problematiche legate sia all’urbanizzazione delle aree, sia alle limitazioni prodotte dai nuovi usi alle attività agricole ancora in essere. Occorre inoltre introdurre dei meccanismi che spingano i proprietari di fabbricati agricoli a vendere o affittare queste strutture ad altri imprenditori agricoli nel momento in cui gli stessi non intendano più svolgere, in prima persona, l’attività agricola. Innescare queste dinamiche vuol dire immettere sul mercato, in vendita o in locazione, e a costi minori, un certo numero di strutture agricole in grado di rispondere meglio ai bisogni delle nuove generazioni di agricoltori, ancora sprovvisti di strutture analoghe. Va qui ricordato che, per accompagnare queste dinamiche, l’Assessorato dell’Agricoltura, da alcuni anni, concede aiuti non solo per la realizzazione di fabbricati ma anche per il loro acquisto.
In merito alla realizzazione di nuove strutture zootecniche sono state previste delle limitazioni al fine di ottenere uno sviluppo del territorio più armonioso. Con l’introduzione di un equilibrio funzionale legato al carico zootecnico di ciascun comune, non è più consentita la realizzazione di nuove strutture in quei Comuni ove le disponibilità foraggere sono inferiori a quelle necessarie per il mantenimento del patrimonio zootecnico presente. L’obiettivo, nel lungo termine, è quello di distribuire in modo più equilibrato le aziende zootecniche su tutto il territorio regionale. Tuttavia, al fine di non precludere lo sviluppo delle aziende zootecniche già operanti sul territorio il suddetto limite non è applicato nel caso di ampliamenti o delocalizzazioni proposti da aziende già operanti sul territorio comunale.
Si chiede inoltre che i PRG individuino le sottozone agricole maggiormente vocate a ricevere nuova edificazione agricola e zootecnica. L’esperienza maturata negli anni ha chiaramente evidenziato che la gestione delle strutture zootecniche realizzate in situazioni marginali, lontani da comprensori prativi e pascolivi adeguati, è assai complicata sia sotto l’aspetto gestionale che ambientale.
Anche a riguardo dei pascoli sono state introdotte nuove regole. Ai sensi dell’art. 31 delle norme di attuazione del PTP, il PRG è tenuto a individuare gli alpeggi e i comprensori pascolivi maggiormente vocati nei quali consentire la realizzazione di eventuali ulteriori investimenti quali ampiamenti, viabilità, ecc.. Negli alpeggi più marginali e in quelli dove le strutture sono già adeguate, le norme tecniche di attuazione dei piani regolatori devono invece prevedere l’inammissibilità degli interventi che eccedono il normale mantenimento delle attività in atto.