Il primo embrione di quello che sarà il futuro Piano Territoriale Paesistico (PTP) si sviluppa nel 1985 su quelli che al momento erano sentiti come i problemi più pressanti da affrontare. Più precisamente, si trattava, tra il resto di:
• decidere come utilizzare il Forte di Bard che da un decennio era stato dismesso dal demanio militare e che qualche anno dopo sarebbe stato acquisito al patrimonio della Regione,
• decidere a cosa destinare la parte di area della Cogne di Aosta che di lì a poco sarebbe stata dismessa dalla società proprietaria e acquisita dalla Regione,
• fomulare ipotesi di riconversione dell’autoporto di Pollein che con l’apertura delle frontiere all’interno dell’Europa unita avrebbe perso il suo ruolo legato soprattutto alle attività di sdoganamento,
• affrontare il degrado delle seconde case nelle maggiori località turistiche e arginarne la sempre crescente richiesta sviluppo, malgrado le norme relative ai cosiddetti equilibri funzionali,
• valutare la praticabilità di attuazione di alcuni progetti di iniziativa comunale, ma di rilevanza sovracomunale, la cui realizzazione avrebbe richiesto importanti finanziamenti regionali.
Nello stesso anno, a livello nazionale, la legge Galasso accendeva i riflettori sulla tutela e sulla valorizzazione del paesaggio, fino a quel momento trascurate, sia dalla pianificazione territoriale, sia dalla normativa. Tra il resto la legge stabiliva che le Regioni si dotassero di piani paesistici, aprendo la via alla messa in pratica di una indicazione già contenuta in una legge regionale del 1960 che con grande lungimiranza aveva prefigurato il “piano regionale urbanistico e paesaggistico”.
Parallelamente allo sviluppo del Piano, a livello internazionale, si andavano consolidando sensibilità crescenti in materia di tutela dell’ambiente e del paesaggio affrontati in chiave di sviluppo non solo locale, influenzando la connotazione del Piano che si andava definendo.
Nel 1987 la Commissione mondiale sull’ambiente faceva uscire il Rapporto Bruntland, lanciando a livello mondiale la filosofia dello sviluppo sostenibile; nel 1988, a seguito dell’occasione del bicentenario della prima ascensione sul Monte Bianco (celebrato nel 1986), si riunivano per la prima volta i ministri dell’ambiente svizzero, francese e italiano a Locarno per dare avvio ad uno studio di Parco internazionale del Monte Bianco che avrebbe avuto sviluppo più tardi nell’idea di Espace Mont-Blanc dove i temi verranno affrontati coniugando protezione con promozione; nel 1991, per affrontare le sfide e i problemi legati allo sviluppo sulla base di un coordinamento internazionale delle politiche di pianificazione territoriale, trasporti, energia, turismo, ecc. veniva sottoscritta a Salisburgo la Convenzione delle Alpi tra i Paesi facenti capo all’arco alpino; nel 1992 a Rio de Janeiro, in occasione della prima Conferenza mondiale dei capi di Stato sull’ambiente, si addiveniva all’accordo sulla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che a sua volta porterà alla stesura del protocollo di Kyoto.
La scelta di formare un piano a valenza sia territoriale, sia paesistica, ha condotto necessariamente alla considerazione del territorio regionale nel suo complesso, affrontando congiuntamente temi di conservazione e di sviluppo.
I problemi che il PTP ha individuato e ha cercato di affrontare sono di varia natura e si possono raggruppare in :
• problemi di tipo socio-economico, come ad esempio la frammentazione delle attività economiche, la forte dipendenza dall’intervento pubblico, l’insufficiente qualificazione professionale delle risorse umane,
• problemi di tipo urbanistico-territoriali, come ad esempio, l’eccessiva congestione abitativa del fondovalle e delle grandi stazioni turistiche, il corrispondente abbandono delle aree agricole e della media montagna e la conseguente sottoutilizzazione del vasto patrimonio edilizio storicamente consolidato, nonché l’eccessiva polarizzazione dell’offerta di servizi nel capoluogo regionale,
• problemi di tipo paesistico-ambientale, come ad esempio il progressivo degrado del territorio montano per effetto della costante contrazione degli usi agricoli e l’aumento dei dissesti idrogeologici, il rischio di distruzione di risorse nelle grandi stazioni turistiche e nei principali centri urbani, l’alterazione e la dequalificazione paesistica dovute al sottoutilizzo, al cattivo uso o all’abbandono, di un patrimonio di risorse naturali e culturali eccezionalmente ricco e diversificato.
Il PTP si è posto l’obiettivo di affrontare in modo globale tali problemi, offrendo una base unitaria e coerente di riferimento e perseguendo congiuntamente tre categorie di obiettivi fra di loro interagenti:
• obiettivi economici: miglioramento delle prospettive di sviluppo mediante una crescita della qualità del sistema delle imprese, delle infrastrutture di supporto e delle risorse umane, anche attraverso un più razionale uso del territorio ed un più efficace inserimento nei circuiti internazionali,
• obiettivi sociali: miglioramento delle condizioni di vita e delle opportunità di sviluppo e di partecipazione alla vita civile per tutte le Comunità e i gruppi sociali,
• obiettivi ambientali: tutela e arricchimento della qualità del territorio e della sua fruibilità.
Nella progettazione del PTP, la difesa del suolo, del sistema idrografico e del paesaggio ha costituito una condizione fondamentale dello sviluppo sostenibile. Allo stesso modo, la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico e artistico della Regione ha costituito un fattore decisivo per la qualificazione e il consolidamento dell’identità culturale. Alla manutenzione ambientale, il PTP ha affidato il compito di contrastare efficacemente i processi di abbandono che, insieme a quelli di specializzazione turistica, hanno concorso allo smantellamento dello spazio rurale montano.
A questo proposito, il PTP si è proposto di attuare strategie di riorganizzazione urbanistica e territoriale che consentissero di “riabitare la montagna”, recuperando in forme moderne e sostenibili lo straordinario patrimonio ambientale e culturale della Regione, che è stata nei secoli anche e prima di tutto, una “montagna abitata”. In questo contesto si sono inserite politiche volte a:
• migliorare, in tutta la Regione, le condizioni di vita, di mobilità e di lavoro, in modo tale da configurare un “territorio abitato”, mediante recupero e riutilizzazione del vasto patrimonio di borghi, villaggi e infrastrutture,
• articolare meglio lungo l’intera fascia del fondovalle principale le maggiori offerte urbane, creando un contesto lineare, ricco di specializzazioni e interdipendenze meno polarizzato sul capoluogo regionale e fortemente appoggiato sugli altri centri urbani, salvaguardando le “pause” agricole e le aree naturali che li separano, al fine di evitare la trasformazione del nastro di fondovalle in un “corridoio urbano”,
• sostenere l’accessibilità e la connettività diffusa del territorio regionale, riducendo nel contempo i costi sociali e ambientali della mobilità individuale e favorendo il riequilibrio territoriale, anche mediante l’adozione di sistemi di trasporto collettivo innovativo, idonei ad aree a bassa densità insediativa (servizi a chiamata, servizi su base programmata, ecc.).
Il progetto ha richiesto un vasto e articolato programma di ricerche negli ambiti interessati dal Piano (urbanistico-territoriale, paesistico-ambientale, economico-sociale, storico-culturale) che ha coinvolto numerosi studiosi e specialisti nelle varie discipline.
Sugli studi e la documentazione prodotti è successivamente stato condotto un lavoro di analisi ed elaborazione che ha consentito una sorta di “ragionamento” collettivo da cui sono poi scaturiti gli indirizzi.
Risale al 1987 la costituzione dell’Ufficio per il PTP che, avvalendosi della collaborazione di qualificati consulenti esterni, sotto la guida della Commissione scientifica per il territorio (costituita ad hoc nel 1987), ha presentato alla Giunta regionale, nel 1991, un documento con le “Linee strategiche del PTP”. Nel 1992 è stata presentata una proposta completa di PTP sulla quale sono stati interpellati, per le necessarie consultazioni, Comuni e Comunità montane.
Nel 1994, sulla base dei pareri espressi dai soggetti coinvolti, la proposta di PTP è stata ridefinita con la collaborazione di un “Comitato tecnico degli enti locali” appositamente costituito.
Sul progetto rielaborato, che ha maggiormente evidenziato il ruolo di indirizzo del piano e la maggiore responsabilizzazione dei Comuni nelle scelte di tutela e di intervento, si sono formalmente pronunciati nel 1996 l’Associazione dei Sindaci e l’Associazione dei Presidenti delle Comunità montane, il Comitato regionale per la pianificazione territoriale (Crpt), il Comitato scientifico per l’ambiente (Csa) e la Commissione Territorio del Consiglio regionale. Sulla base dei pareri espressi da questa plurale e partecipe Comunità di soggetti, sono intervenute ulteriori modifiche e il progetto è stato adottato dalla Giunta regionale nel novembre 1996. La sua approvazione è avvenuta con legge regionale nell’aprile 1998.
Al di là dei contenuti, peraltro innovativi e sperimentali, specie per quanto riguarda il rapporto fra temi di pianificazione territoriale e temi di paesaggio, l’esperienza di formazione del PTP ha certamente rappresentato un momento significativo dell’azione di programmazione e di indirizzo di uno sviluppo territoriale a guida regionale. Come si è brevemente tratteggiato, alla formazione dello strumento, nel bene e nel male, hanno partecipato e cooperato diverse pluralità di soggetti, con questo inaugurando una fase inclusiva di partecipazione attiva e responsabile nell’assunzione delle scelte territoriali, soprattutto in tema di conservazione e valorizzazione dei beni di interesse collettivo. Il processo di formazione del piano, sviluppato su procedure partecipative, ha aiutato la crescita delle risorse umane (amministrative e politiche) locali, ha incrementato le forme di coesione territoriale, ha contribuito al rafforzamento del capitale sociale.