Pianificazione territoriale
L’iter di sviluppo del PTP parte a livello embrionale nel 1985 per concludersi con la sua approvazione nel 1998.
LA GENESI DEL PTP
di Josette Mathiou
Dirigente del Dipartimento soprintendenza per i beni e le attività culturali.
Il primo embrione di quello che sarà il futuro Piano Territoriale Paesistico (PTP) si sviluppa nel 1985 su quelli che al momento erano sentiti come i problemi più pressan­ti da affrontare. Più precisamente, si trattava, tra il resto di:
• decidere come utilizzare il Forte di Bard che da un decennio era stato dismesso dal demanio militare e che qualche anno dopo sarebbe stato ac­quisito al patrimonio della Regione,
• decidere a cosa destinare la parte di area della Cogne di Aosta che di lì a poco sarebbe stata dismessa dalla società proprietaria e acquisita dalla Regione,
• fomulare ipotesi di riconversio­ne dell’autoporto di Pollein che con l’apertura delle frontiere all’interno dell’Europa unita avrebbe perso il suo ruolo legato soprattutto alle atti­vità di sdoganamento,
• affrontare il degrado delle seconde case nelle maggiori località turistiche e arginarne la sempre crescente richie­sta sviluppo, malgrado le norme rela­tive ai cosiddetti equilibri funzionali,
• valutare la praticabilità di attua­zione di alcuni progetti di iniziativa comunale, ma di rilevanza sovraco­munale, la cui realizzazione avrebbe richiesto importanti finanziamenti regionali.

Nello stesso anno, a livello nazionale, la legge Galasso accendeva i rifletto­ri sulla tutela e sulla valorizzazione del paesaggio, fino a quel momento trascurate, sia dalla pianificazione territoriale, sia dalla normativa. Tra il resto la legge stabiliva che le Re­gioni si dotassero di piani paesistici, aprendo la via alla messa in pratica di una indicazione già contenuta in una legge regionale del 1960 che con grande lungimiranza aveva prefigu­rato il “piano regionale urbanistico e paesaggistico”.

Parallelamente allo sviluppo del Pia­no, a livello internazionale, si andava­no consolidando sensibilità crescenti in materia di tutela dell’ambiente e del paesaggio affrontati in chiave di sviluppo non solo locale, influenzan­do la connotazione del Piano che si andava definendo.
Nel 1987 la Commissione mondiale sull’ambiente faceva uscire il Rap­porto Bruntland, lanciando a livello mondiale la filosofia dello svilup­po sostenibile; nel 1988, a seguito dell’occasione del bicentenario della prima ascensione sul Monte Bianco (celebrato nel 1986), si riunivano per la prima volta i ministri dell’ambien­te svizzero, francese e italiano a Lo­carno per dare avvio ad uno studio di Parco internazionale del Monte Bianco che avrebbe avuto sviluppo più tardi nell’idea di Espace Mont-Blanc dove i temi verranno affrontati coniugando protezione con promo­zione; nel 1991, per affrontare le sfide e i problemi legati allo sviluppo sulla base di un coordinamento interna­zionale delle politiche di pianifica­zione territoriale, trasporti, energia, turismo, ecc. veniva sottoscritta a Salisburgo la Convenzione delle Alpi tra i Paesi facenti capo all’arco alpi­no; nel 1992 a Rio de Janeiro, in occa­sione della prima Conferenza mon­diale dei capi di Stato sull’ambiente, si addiveniva all’accordo sulla Con­venzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che a sua volta porterà alla stesura del proto­collo di Kyoto.
La scelta di formare un piano a va­lenza sia territoriale, sia paesistica, ha condotto necessariamente alla consi­derazione del territorio regionale nel suo complesso, affrontando congiun­tamente temi di conservazione e di sviluppo.

I problemi che il PTP ha individuato e ha cercato di affrontare sono di varia natura e si possono raggruppare in :
• problemi di tipo socio-economico, come ad esempio la frammentazio­ne delle attività economiche, la forte dipendenza dall’intervento pubblico, l’insufficiente qualificazione profes­sionale delle risorse umane,
• problemi di tipo urbanistico-terri­toriali, come ad esempio, l’eccessiva congestione abitativa del fondovalle e delle grandi stazioni turistiche, il corrispondente abbandono delle aree agricole e della media montagna e la conseguente sottoutilizzazione del vasto patrimonio edilizio storicamen­te consolidato, nonché l’eccessiva po­larizzazione dell’offerta di servizi nel capoluogo regionale,
• problemi di tipo paesistico-am­bientale, come ad esempio il pro­gressivo degrado del territorio montano per effetto della costante contrazione degli usi agricoli e l’au­mento dei dissesti idrogeologici, il rischio di distruzione di risorse nelle grandi stazioni turistiche e nei prin­cipali centri urbani, l’alterazione e la dequalificazione paesistica dovute al sottoutilizzo, al cattivo uso o all’ab­bandono, di un patrimonio di risorse naturali e culturali eccezionalmente ricco e diversificato.
Il PTP si è posto l’obiettivo di affron­tare in modo globale tali problemi, offrendo una base unitaria e coerente di riferimento e perseguendo con­giuntamente tre categorie di obiettivi fra di loro interagenti:
• obiettivi economici: miglioramento delle prospettive di sviluppo median­te una crescita della qualità del siste­ma delle imprese, delle infrastrutture di supporto e delle risorse umane, anche attraverso un più razionale uso del territorio ed un più efficace inseri­mento nei circuiti internazionali,
• obiettivi sociali: miglioramento del­le condizioni di vita e delle opportu­nità di sviluppo e di partecipazione alla vita civile per tutte le Comunità e i gruppi sociali,
• obiettivi ambientali: tutela e arric­chimento della qualità del territorio e della sua fruibilità.
Nella progettazione del PTP, la difesa del suolo, del sistema idrografico e del paesaggio ha costituito una con­dizione fondamentale dello sviluppo sostenibile. Allo stesso modo, la tu­tela e la valorizzazione del patrimo­nio storico e artistico della Regione ha costituito un fattore decisivo per la qualificazione e il consolidamento dell’identità culturale. Alla manuten­zione ambientale, il PTP ha affidato il compito di contrastare efficacemente i processi di abbandono che, insieme a quelli di specializzazione turistica, hanno concorso allo smantellamento dello spazio rurale montano.
A questo proposito, il PTP si è propo­sto di attuare strategie di riorganiz­zazione urbanistica e territoriale che consentissero di “riabitare la monta­gna”, recuperando in forme moderne e sostenibili lo straordinario patrimo­nio ambientale e culturale della Re­gione, che è stata nei secoli anche e prima di tutto, una “montagna abita­ta”. In questo contesto si sono inserite politiche volte a:
• migliorare, in tutta la Regione, le condizioni di vita, di mobilità e di lavoro, in modo tale da configura­re un “territorio abitato”, mediante recupero e riutilizzazione del vasto patrimonio di borghi, villaggi e infra­strutture,
• articolare meglio lungo l’intera fa­scia del fondovalle principale le mag­giori offerte urbane, creando un con­testo lineare, ricco di specializzazioni e interdipendenze meno polarizzato sul capoluogo regionale e fortemente appoggiato sugli altri centri urbani, salvaguardando le “pause” agricole e le aree naturali che li separano, al fine di evitare la trasformazione del nastro di fondovalle in un “corridoio urbano”,
• sostenere l’accessibilità e la connet­tività diffusa del territorio regionale, riducendo nel contempo i costi socia­li e ambientali della mobilità indivi­duale e favorendo il riequilibrio terri­toriale, anche mediante l’adozione di sistemi di trasporto collettivo inno­vativo, idonei ad aree a bassa densità insediativa (servizi a chiamata, servi­zi su base programmata, ecc.).
Il progetto ha richiesto un vasto e ar­ticolato programma di ricerche negli ambiti interessati dal Piano (urbanisti­co-territoriale, paesistico-ambientale, economico-sociale, storico-culturale) che ha coinvolto numerosi studiosi e specialisti nelle varie discipline.
Sugli studi e la documentazione pro­dotti è successivamente stato con­dotto un lavoro di analisi ed elabo­razione che ha consentito una sorta di “ragionamento” collettivo da cui sono poi scaturiti gli indirizzi.
Risale al 1987 la costituzione dell’Uf­ficio per il PTP che, avvalendosi del­la collaborazione di qualificati con­sulenti esterni, sotto la guida della Commissione scientifica per il terri­torio (costituita ad hoc nel 1987), ha presentato alla Giunta regionale, nel 1991, un documento con le “Linee strategiche del PTP”. Nel 1992 è stata presentata una proposta completa di PTP sulla quale sono stati interpella­ti, per le necessarie consultazioni, Co­muni e Comunità montane.
Nel 1994, sulla base dei pareri espres­si dai soggetti coinvolti, la proposta di PTP è stata ridefinita con la collabo­razione di un “Comitato tecnico degli enti locali” appositamente costituito.
Dall’alto verso il basso, Comune di Pontey, stralcio della tavola motivazionale M1, stralcio della tavola prescrittiva P4 E, stralcio del piano regolatore vigente.Sul progetto rielaborato, che ha mag­giormente evidenziato il ruolo di indirizzo del piano e la maggiore re­sponsabilizzazione dei Comuni nelle scelte di tutela e di intervento, si sono formalmente pronunciati nel 1996 l’Associazione dei Sindaci e l’Asso­ciazione dei Presidenti delle Comuni­tà montane, il Comitato regionale per la pianificazione territoriale (Crpt), il Comitato scientifico per l’ambien­te (Csa) e la Commissione Territorio del Consiglio regionale. Sulla base dei pareri espressi da questa plurale e partecipe Comunità di soggetti, sono intervenute ulteriori modifiche e il progetto è stato adottato dalla Giunta regionale nel novembre 1996. La sua approvazione è avvenuta con legge regionale nell’aprile 1998.

Al di là dei contenuti, peraltro in­novativi e sperimentali, specie per quanto riguarda il rapporto fra temi di pianificazione territoriale e temi di paesaggio, l’esperienza di forma­zione del PTP ha certamente rappre­sentato un momento significativo dell’azione di programmazione e di indirizzo di uno sviluppo territoriale a guida regionale. Come si è breve­mente tratteggiato, alla formazione dello strumento, nel bene e nel male, hanno partecipato e cooperato diver­se pluralità di soggetti, con questo inaugurando una fase inclusiva di partecipazione attiva e responsabile nell’assunzione delle scelte territo­riali, soprattutto in tema di conser­vazione e valorizzazione dei beni di interesse collettivo. Il processo di formazione del piano, sviluppato su procedure partecipative, ha aiutato la crescita delle risorse umane (ammi­nistrative e politiche) locali, ha incre­mentato le forme di coesione territo­riale, ha contribuito al rafforzamento del capitale sociale.
   
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