Il tema della pianificazione territoriale e del rapporto con la tutela naturalistica è ben presente nella normativa delle aree naturali protette. La stessa legge regionale 30/1991 prevede, infatti, che la pianificazione dei parchi naturali sia non solo strumento di tutela, fruizione e promozione dell’area protetta, am anche strumento di gestione territoriale.
La procedura di adeguamento dei piani regolatori alle indicazioni del PTP rappresenta un altro strumento giuridico ma, al tempo stesso, una nuova opportunità, per la tutela delle aree protette e, attraverso l’articolo 38, anche dei Siti di Interesse Comunitario (SIC). Le due normative, quella urbanistica e quella di tutela naturalistica, non sono quindi separate, ma, anzi, sono ben integrate tra loro.
Il PTP individua, oltre al sistema delle aree naturali protette, i beni di interesse naturalistico puntuale, quali, per citarne solo alcuni, le stazioni floristiche, le zone umide, i siti di interesse mineralogico, e anticipa l’importante concetto di rete ecologica, elementi, questi, fondamentali per la tutela della biodiversità nella nostra regione.
La struttura regionale aree protette cerca, quindi, di dar attuazione alla normativa relativa al nostro settore sempre in accordo con il Comune, cui compete la definizione della pianificazione locale.
Dopo il PTP, sono stati approvati nuovi strumenti normativi molto importanti per la tutela della biodiversità, mi riferisco alla legge regionale 8/2007 che ha recepito le principali direttive europee in termini di protezione della biodiversità, la 92/43/CEE (Habitat) e la 79/409/CEE (Uccelli), ed ha previsto l’individuazione della rete ecologica regionale. La legge 45/2009 ha poi permesso di innovare le norme in materia di tutela della flora alpina, ormai poco rispondenti alla nuova realtà e, soprattutto, alle nuove conoscenze acquisite; entrambe queste norme risultano coerenti e integrate rispetto ai principi del PTP e ritengo permettano, attraverso la pianificazione comunale, di rinforzare il quadro complessivo di tutela.
Parlare di protezione della natura è sempre complesso, sicuramente questi strumenti normativi – la legge 11/98, le norme del PTP e le leggi di settore – contribuiscono a introdurre, a livello comunale, il concetto di tutela e, a mio parere, anche di condivisione della tutela stessa.
L’adeguamento dei piani regolatori al PTP e il procedimento dell’intesa messo in atto con la nostra struttura, ci permettono un rapporto diretto con il Comune, attraverso la condivisione del quadro delle emergenze naturalistiche presenti sul proprio territorio e questo, a mio avviso, porta il Comune stesso, credo, ad una maggior consapevolezza rispetto a questi temi e agli strumenti di tutela da metter in atto.
È in questa fase, poi, che il PTP aggiorna la visione dominante fino ad ora, si cerca cioè di superare il concetto di territorio vincolato, quindi di limite, anche allo sviluppo, per stimolare la percezione e la consapevolezza del patrimonio naturale quale bene da salvaguardare per le generazioni future e, in alcuni casi, anche occasione di promozione socio-economica, attraverso forme di turismo naturalistico sostenibile. Questo rappresenta un grosso passo avanti rispetto al passato, adesso infatti, il patrimonio naturale è considerato un vero e proprio atout, un patrimonio condiviso che può diventare anche un’opportunità.
La Conferenza di Pianificazione, momento di condivisione delle strutture regionali e dell’amministrazione comunale, permette poi di ovviare alla frammentarietà dei singoli pareri per arrivare ad valutazione concertata e discussa collegialmente.
Sul piano di possibili criticità nell’ambito dell’applicazione della normativa sul PTP, forse l’articolo 38 ha creato problemi per l’individuazione puntuale dei siti nelle relative cartografie e per l’eventuale inserimento di siti individuati successivamente all’approvazione del PTP. L’interpretazione giuridica che è stata fatta conferma che il PTP, da questo punto di vista, è uno strumento che non si modifica, perché l’elenco dei siti comunitari rimane quello inserito nel 1998 senza poter tener conto di nuovi siti o di nuove delimitazioni cartografiche avvenute dopo. Per ovviare a questa criticità, ancora una volta la soluzione rimane la concertazione e il confronto con i Comuni per assicurare comunque una tutela adeguata alle diverse aree.
L’art. 38, così come è stato scritto, raggiunge l’obiettivo di una tutela per i siti puntuali, anche se, forse, l’inserimento dei SIC può creare qualche problema in quanto non sono meramente siti puntuali. Tuttavia, averli inseriti è sicuramente positivo in quanto in tal modo rientrano tra gli elementi della pianificazione comunale e credo che la legge 13/1998 sia una delle poche leggi regionali, se non l’unica, che già nel 1998 introduceva i siti di interesse comunitario.
Ritengo, quindi, che prendere in considerazione il patrimonio naturale come meritevole di tutela e elemento di pianificazione territoriale abbia portato a rendere partecipi in primis gli enti locali nelle azioni di conservazione. L’amministrazione regionale ha poi cercato negli anni di promuovere il messaggio che la tutela è anche un’opportunità, sia in termini di fruizione che di finanziamenti destinati a queste aree tutelate, sempre nell’ottica della sostenibilità.
La Valle d’Aosta, la più piccola regione italiana nel cuore delle Alpi, è una regione abitata, occorre quindi ricordare che l’elevato livello di biodiversità che la caratterizza è frutto delle sue caratteristiche morfologiche e climatiche ma anche dell’attività dell’uomo e, in particolare, degli agricoltori che con il loro lavoro contribuiscono al mantenimento della biodiversità. Proprio per questo, il PSR 2007-2013 ha previsto un’indennità specifica per le aziende agricole che si trovano all’interno dei siti Natura 2000.
LA DIRETTIVA 92/43 CEE “HABITAT”
La Direttiva del Consiglio del 21 maggio 1992 Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche detta Direttiva “Habitat”, e la Direttiva Uccelli costituiscono il cuore della politica comunitaria in materia di conservazione della biodiversità e sono la base legale su cui si fonda Natura 2000.
Scopo della Direttiva Habitat è “salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato” (art 2). Per il raggiungimento di questo obiettivo la Direttiva stabilisce misure volte ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat e delle specie di interesse comunitario elencati nei suoi allegati.
La Direttiva è costruita intorno a due pilastri: la rete ecologica Natura 2000, costituita da siti mirati alla conservazione di habitat e specie elencati rispettivamente negli allegati I e II, e il regime di tutela delle specie elencate negli allegati IV e V.
La Direttiva stabilisce norme per la gestione dei siti Natura 2000 e la valutazione d’incidenza (art 6), il finanziamento (art 8), il monitoraggio e l’elaborazione di rapporti nazionali sull’attuazione delle disposizioni della Direttiva (articoli 11 e 17), e il rilascio di eventuali deroghe (art. 16). Riconosce inoltre l’importanza degli elementi del paesaggio che svolgono un ruolo di connessione ecologica per la flora e la fauna selvatiche (art. 10).
Il recepimento della Direttiva è avvenuto in Italia nel 1997 attraverso il Regolamento D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357 modificato ed integrato dal D.P.R. 120 del 12 marzo 2003.
A livello regionale la direttiva è stata recepita con la legge regionale 21 maggio 2007, n. 8 “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Regione autonoma Valle d’Aosta derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Attuazione delle direttive 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, e la 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche. Legge comunitaria 2007”.
La Regione ha poi approvato, nel 2008, le misure di conservazione per le Zone di Protezione Speciale e, a fine 2011, le misure di conservazione per i Siti di Importanza Comunitaria, ultimo adempimento prima della designazione delle Zone Speciali di Conservazione.