QUALE FUTURO?
Le norme di attuazione del PRG definiscono le condizioni e le successioni temporali per la realizzazione degli interventi. Particolare importanza rivestono quindi i rapporti tra le diverse destinazioni d'uso: i cosiddetti equilibri funzionali.
GESTIRE IL PRESENTE, IMMAGINARE IL FUTURO
di Bruno Courthoud
Il villaggio di La Crête.Il secondo comma dell'articolo 12 della legge urbanistica regionale n. 11 del 1998, (riprendendo sostanzialmente concetti già contenuti nella precedente legge urbanistica regionale n. 14 del 1978), così recita:.
"Il PRG definisce gli equilibri funzionali e dispone in ordine al loro raggiungimento via via che si realizzino gli interventi di trasformazione urbanistica o edilizia del territorio comunale, prefigurando le linee programmatiche dell'assetto territoriale locale in coerenza con il PTP; ai fini anzidetti le norme di attuazione del PRG definiscono le condizioni ed eventualmente le successioni temporali per la realizzazione degli interventi, in relazione alle destinazioni di uso da essi previste e alle infrastrutture esistenti e programmate; in ogni caso, le previsioni spaziali dei piani, tenuto conto delle diverse situazioni locali anche in ordine all'utilizzazione turistica del territorio, devono riferirsi alla prevista evoluzione dell'entità e della composizione della popolazione e delle attività entro un orizzonte temporale non superiore al decennio".
Il linguaggio giuridico rende forse difficile, a una prima lettura, cogliere il concetto espresso in queste righe; proviamo perciò a chiarirne i contenuti, senza soffermarci in una disamina storica di come si sia evoluta la pianificazione. Basti solo ricordare che per svariati motivi, non sempre riconducibili a priori a mancanza di scelte pianificatorie, i piani regolatori degli anni '70 e '80 contenevano previsioni di insediamento avulse da qualsiasi realistica previsione di sviluppo, con l'ovvia conseguenza di destinare ingiustificatamente una gran quantità di territorio ad insediamenti quanto mai improbabili. La fine di alcune illusioni che avevano accompagnato la prima stagione pianificatoria e l'avevano culturalmente profondamente condizionata (una crescita indefinita del turismo, l'equazione più turismo = più benessere, la stessa scarsa disponibilità, dati i limiti naturali, di aree edificabili) hanno, di fatto, introdotto a poco a poco un diverso modo di concepire la pianificazione, più strettamente legato agli sviluppi in atto sul territorio e prevedibili nel medio periodo. In particolare è caduta l'illusione che uno strumento urbanistico come il PRG potesse avere la forza di disegnare una volta per tutte l'assetto futuro del territorio o della città, costringendo lo sviluppo ad adattarsi a tale disegno. I piani che potremmo chiamare di prima generazione si fondavano infatti sul presupposto di avere in mano i mezzi e gli strumenti per prevedere e per governare integralmente tale sviluppo.
Il tramonto di quest'illusione ha necessariamente comportato una ridefinizione degli obiettivi e dei contenuti dei piani regolatori; anche se per quanto concerne la Valle d'Aosta già la legislazione urbanistica regionale del 1978 aveva introdotto principi fortemente anticipatori, che forse proprio per la loro carica innovativa non hanno trovato nell'immediato una sufficiente comprensione ed attuazione. In particolare vorrei rimarcare l'ancoraggio delle previsioni del PRG ad un arco di tempo limitato (10 anni), cosa che oggi pare scontata ed è stata fatta propria da tutti coloro che (amministratori, professionisti e comuni cittadini) si occupano di pianificazione e il dispositivo degli equilibri funzionali, che è in larga misura anticipatore di una visione di piano-processo, di autocorrezione degli obiettivi sulla base delle risposte, che sono oggi alla base di una pianificazione orientata a uno sviluppo sostenibile.
Vista d'insieme della frazione Ville, nel comune di Allein.La ridefinizione di questi concetti nella nuova legislazione urbanistica regionale ha comportato:
· un ancoraggio delle ipotesi di sviluppo del PRG a previsioni realistiche e temporalmente limitate al medio periodo (10 anni), sia per quanto riguarda l'andamento della popolazione che per quanto riguarda le attività insediabili;
· la necessità di prevedere all'interno del PRG delle norme atte a controllare, durante la sua fase di gestione, le condizioni per la realizzazione degli interventi previsti e la loro collocazione nel tempo, (quindi un piano programmatorio, strettamente legato alla considerazione non solo delle risorse del territorio ma anche attento alle risorse economiche messe in gioco);
· il rapporto tra le diverse destinazioni d'uso previste (i cosiddetti equilibri funzionali).

PREVISIONI REALISTICHE E LIMITATE AL MEDIO PERIODO
Tenuto conto sia della modesta dimensione della maggior parte delle nostre realtà locali sia dell'imprevedibilità e della rapidità con cui ormai cambiano le situazioni, non ha molto senso interpretare quanto è avvenuto nel recente passato come un processo lineare in continuo accrescimento per immaginare quanto potrà accadere nel prossimo futuro. Per prima cosa, sappiamo che i fenomeni non crescono in maniera lineare né tanto meno indefinitamente: proprio quando la crescita diventa più rapida, si arriva di solito a un punto di rottura.
L'analisi di quanto è avvenuto dovrebbe quindi essere utilizzata per capire a quale stadio del fenomeno ci si trovi, se in fase iniziale o in fase di rottura: pensiamo per esempio alla crescita delle metropoli, che è considerata dall'urbanistica degli anni settanta come un dato culturale della società contemporanea destinato a diventare il modello urbano. Negli ultimi vent'anni si è avuta invece una netta inversione di tendenza, con una perdita di abitanti da parte delle grandi metropoli a vantaggio delle città di medie dimensioni, che offrono un ambiente più a misura d'uomo e una migliore qualità di vita. Questo collocare il fenomeno nella sua fase di evoluzione dovrebbe consentire di operare scelte concrete, che nella modesta realtà demografica dei nostri Comuni sono in buona misura facilitate anche dalla possibilità di avere una conoscenza quasi puntuale delle risorse disponibili e riproducibili, delle occasioni d'impresa, delle attese di occupazione.
Ma la correttezza delle scelte di PRG è forse sufficiente a garantire l'effettiva realizzazione, nei tempi e nei modi previsti, delle ipotesi formulate? Credo che anche in questo caso sia innanzi tutto necessario liberarsi di illusioni a volte ricorrenti.
Una di queste illusioni è che il piano, una volta definite delle scelte sul territorio, possa garantirne anche la realizzazione. Al contrario, l'unica possibilità del piano regolatore è quella di porre le condizioni affinché le scelte effettuate possano trovare attuazione sul territorio; ma l'attuazione dipende dal verificarsi di condizioni che tuttavia, in gran parte, non dipendono dal PRG. In termini banali, non è sufficiente individuare aree per insediamenti produttivi per creare attività e posti di lavoro, ma i posti di lavoro non potranno in ogni caso essere creati se manca la previsione di aree per i relativi insediamenti. In altri termini, il PRG pone le condizioni perché gli imprenditori (pubblici o privati) possano operare, ma queste condizioni sono necessarie e non sufficienti a garantire l'attuazione delle previsioni: devono esistere anche i soggetti che vogliano realizzare l'interesse economico e la disponibilità delle risorse finanziarie.

UN PIANO PROGRAMMATORIO
Una veduta dall'alto dell'abitato di Brusson, in Val d'Ayas.In quale modo è possibile garantirci che le ipotesi e le scelte operate dal PRG trovino una corretta attuazione nel tempo ed evitare, ad esempio, effetti distorti e non voluti?
I cosiddetti equilibri funzionali, a dire il vero finora poco e male utilizzati, forse anche perché non ne sono ancora state esplorate ed utilizzate tutte le potenzialità, possono rispondere almeno parzialmente alla necessità di tenere sotto controllo e in qualche modo governare il processo che conduce dalla situazione esistente alle ipotesi che il PRG ha assunto come obiettivi da raggiungere. Come?
Attraverso un sistema di norme, possibilmente semplice ed efficace, finalizzato a dettare le condizioni e le successioni temporali degli interventi, cosicché le previsioni di piano trovino attuazione in modo coordinato ed armonico e non si corra il rischio, ad esempio, che alcune previsioni trovino realizzazione ed altre no, provocando quegli effetti indesiderati e non previsti sul territorio cui si è accennato.
Tali norme, oltre a subordinare certi interventi all'esistenza o alla realizzazione di determinate opere di urbanizzazione o servizi, possono infatti mettere in relazione gli interventi previsti col verificarsi di precise e determinate condizioni. Ad esempio, con riferimento a normative ormai collaudate in numerosi PRG, una certa quantità di seconde case potrà essere ammessa solo se accompagnata o preceduta dalla realizzazione di posti letto turistici in strutture ricettive diverse, ovvero una certa quantità di nuova edificazione potrà essere ammessa solo in seguito al recupero di una certa quota di patrimonio edilizio esistente.
Impostazioni normative di questo tipo necessitano tuttavia, in fase di gestione, di continue verifiche e monitoraggi; anche nell'ipotesi che esse siano state valutate con attenzione, non è infatti mai dato per scontato che esse producano soltanto gli effetti desiderati.
Tali verifiche dovrebbero avere una duplice finalità. Da un lato verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi che ci si era prefissati onde apportare, se è il caso, i necessari ritocchi alla normativa per meglio conseguire il raggiungimento di tali obiettivi. Dall'altro verificare se il mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati non segnali invece la necessità di rivedere e ridefinire tali obiettivi.

Il verificarsi di questa seconda ipotesi comporta evidentemente la necessità di rivedere in maniera sostanziale le ipotesi del PRG. Ma quand'è che è possibile affermare che ci si trova in questa seconda ipotesi anziché nella prima?
Anche in questo caso sembra ragionevole ipotizzare che sia la norma medesima a fissare, attraverso opportuni parametri, traguardi minimi da raggiungere entro tempi prefissati e la necessità, qualora tali traguardi non siano raggiunti, di procedere a revisioni generali del PRG.
Le considerazioni finora svolte possono apparire piuttosto teoriche e di non facile traduzione operativa. Esse necessitano infatti di uno sforzo non indifferente di adattamento alle situazioni locali e di attenzione nel progettare il futuro delle singole comunità. Si impongono tuttavia come una necessità se si vuole passare da un PRG che non si limiti a rappresentare un elenco di buone intenzioni, ad un PRG flessibile che accompagni nel tempo le scelte e la loro attuazione.

EQUILIBRI FUNZIONALI
Con riferimento soprattutto al terzo aspetto (rapporto tra le diverse destinazioni d'uso), pare importante sottolineare che l'ormai prossimo appuntamento dell'adeguamento dei PRG alle norme ed agli indirizzi del piano paesistico (PTP) sarà l'occasione da non perdere assolutamente per operare in tal senso.
Le norme e gli indirizzi del PTP, al fine di fornire un orientamento per perseguire uno sviluppo sostenibile e durevole, hanno disegnato la cornice entro cui inserire non solo la pianificazione territoriale-paesistica ed urbanistica (PRG), ma anche la pianificazione di settore e la programmazione generale e settoriale, delineando a grandi linee i confini di tale cornice, e cioè:
· gestione delle risorse in modo misurato e compatibile con l'ambiente;
· tutela del paesaggio e dei beni culturali;
· riserva all'agricoltura delle buone terre coltivabili;
· perseguimento del pieno recupero del patrimonio edilizio;
· qualificazione delle zone a destinazione artigianale e industriale;
· riserva di aree adeguate agli impianti ed alle strutture di interesse pubblico;
il tutto evitando l'edificazione sparsa e favorendo una distribuzione equilibrata della popolazione sul territorio.
Sarà compito del PRG, nei limiti, ovviamente, delle sue competenze, demarcare operativamente sul territorio tali confini, ponendo non solo le condizioni affinché la pianificazione di settore e la programmazione generale e settoriale possa trovare concreta attuazione, ma anche evitando che eventuali compromissioni del territorio compromettano o rendano inattuabili scelte che competono a tale pianificazione e programmazione.
Se, ad esempio, un'area specifica o aree situate in ambiti o comuni diversi sono meritevoli di una riqualificazione da un punto di vista agricolo (vigneti, pascoli, ecc.), e tale riqualificazione non può comunque prescindere da piani di sviluppo agricolo, dovrà comunque essere il PRG ad individuare ed a delimitare tali aree, nonché a disciplinarne le eventuali trasformazioni urbanistiche ed edilizie ammissibili e comunque compatibili con i futuri piani di sviluppo.
Sarà altresì compito del PRG correlare, anche nel tempo, l'attuazione di tali previsioni di riqualificazione con altre eventuali scelte specifiche operate sul territorio, quali potrebbero essere ad esempio scelte di sviluppo turistico.
Si tratterà, in buona sostanza, di porre delle relazioni non solo tra le diverse destinazioni d'uso delle costruzioni, ma anche tra le diverse destinazioni d'uso del territorio (agricolo, insediativo, turistico, produttivo).
Solo in questo modo sarà possibile avere in mano uno strumento che, pur con i suoi limiti, potrà garantire che le ipotesi di sviluppo sostenibile assunte a base delle scelte di PRG possano trovare un'attuazione coordinata e non distorta o parziale, al fine di raggiungere in modo contestuale (o per lo meno non pregiudicare) gli obiettivi sociali, economici ed ambientali che ci si era prefissati.
   
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