La scoperta fortuita del sito in localitàÉtéley nel Comune di Saint-Marcel a 1725 m di altitudine risale all’autunno del 2012 quando, grazie alla tempestiva segnalazione di Giorgio Cesti e Paolo Castello, la Soprintendenza regionale poteva esercitare un primo intervento di tutela e documentazione, senza tuttavia poter proseguire nell’indagine dei resti murari e pavimentali di quella che si presentava come un’area occupata da strutture murarie e piani d’uso che si connotavano senza ombra di dubbio come pienamente romani.
Grazie all’opportunità offerta dal progetto INTERREG S.O.N.O., la collaborazione attiva e partecipata degli uffici comunali e regionali ha permesso di programmare ed eseguire nell’estate 2019 un primo scavo di ricerca del sito scoperto sette anni prima, consentendo poi, a cavallo del 2020, di verificare alcune delle ipotesi avanzate e di formularne di nuove alla luce delle importanti novità emerse.
Le indagini hanno messo in luce i resti di un grande corpo di fabbrica plurifase, ossia la cui conformazione planimetrica viene a comporsi, attraverso aggiunte e revisioni, nel corso di alcuni secoli, a partire almeno dal I sec. d.C., se non prima. Tra le peculiarità dell’edificio, che si colloca ai margini di un piccolo altipiano a sbalzo sulla vallata sottostante, poco oltre l’ingresso alla riserva Turati, si segnala la presenza di un piccolo vano con riscaldamento a pavimento: un focolare seminterrato (praefurnium) immetteva il calore in un’intercapedine sottostante il piano pavimentale (hypocaustum), realizzato in mattoni modulari sorretti da pilastrini in laterizi quadrati (suspensurae). L’attenzione per il comfort degli occupanti e la qualità delle finiture dei vani che compongono l’edificio, siano esse relative ai piani d’uso (in cocciopesto) piuttosto che alle murature, colpisce per più motivi: da un lato identifica nel corpo di fabbrica individuato un settore residenziale del complesso, ossia slegato dalle attività produttive che dovevano connotare lo stanziamento, dall’altro stupisce in un sito così lontano dal fondovalle e da Augusta Praetoria.
Se le strutture dunque identificano un complesso di alta qualità formale, la connessione di questo con l’attività estrattiva resta da dimostrare. Il rinvenimento di numerosi e spessi strati di scorie, specialmente al di sotto dei piani d’uso e delle fondazioni murarie, quasi a voler costituire un piano drenante per i volumi in costruzione, conferma la presenza, nei pressi, di attività metallotecniche, ma nessun indizio permette di connettere in via definitiva l’edificio indagato con queste ultime. Al contrario, le strutture scavate connotano in senso residenziale il complesso, che deve piuttosto essere letto come la porzione abitativa del conduttore delle lavorazioni attive nel distretto. Certamente va detto che alcuni sondaggi esplorativi condotti a margine dello scavo principale hanno confermato l’estensione del sito, e che le strutture per così dire secondarie, o meglio non chiaramente residenziali, non presentano la stessa qualità esecutiva; tuttavia resta immutato lo stupore per le straordinarie caratteristiche di un complesso di alta qualità formale in un sito così particolare per tipologia e quota.
Sebbene ancora in corso di studio, i materiali rinvenuti collocano lo sfruttamento e l’occupazione dell’edificio tra il I sec. d.C. e il IV sec. d.C.: il ritrovamento di strutture probabilmente antecedenti il primo grande corpo di fabbrica, in associazione a materiali preromani o comunque indigeni, potrebbe tuttavia permettere di retrodatare l’incipit dello sfruttamento minerario dell’area.